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Lasciano il partito ma non le poltrone. Tajani: "I transfughi? Che si dimettano"

Dopo Brunetta e Gelmini ecco Carfagna: e i tre restano ministri. Addio anche della campana Rossella Sessa che si trasferisce al Misto

Lasciano il partito ma non le poltrone. Tajani: "I transfughi? Che si dimettano"

È un fenomeno ricorrente. A ogni fine legislatura c'è sempre un improvviso aumento dei parlamentari al gruppo Misto. Tra questi anche un nutrito drappello di azzurri. Dopo l'annuncio dello scioglimento della Camera per l'indisponibilità di Mario Draghi a guidare una maggioranza diversa da quella che aveva iniziato a sostenerlo nel marzo del 2021, questi parlamentari dichiarano di non aver gradito quella che a loro dire è una «deriva sovranista» di Forza Italia e un «appiattimento sulla politica del Carroccio».

Nel giorno in cui anche la ministra Mara Carfagna ufficializza il suo divorzio da Forza Italia, il coordinatore nazionale, Antonio Tajani, punta l'indice contro i transfughi. «Chi ha lasciato Forza Italia deve dimettersi dal Parlamento». Così Antonio Tajani intervenuto a The Breakfast club su Radio Capital. «E per prima cosa dovrebbero dimettersi dagli incarichi governativi - aggiunge il coordinatore azzurro -, perché non si è ministri in quota personale, lo si è perché si è stati eletti all'interno di un partito».

Il riferimento è per il gruppo di ministri che rappresentavano, nell'esecutivo, proprio il partito fondato da Silvio Berlusconi. Prima Renato Brunetta e Mariastella Gelmini. E per ultima la Carfagna. Tutti e tre hanno annunciato il loro dissenso con la linea del partito senza peraltro fare alcun gesto di discontinuità nella loro attività governativa.

Se quello della Gelmini è stato un addio covato e meditato a lungo, altri colleghi di partito hanno deciso di cambiare casacca negli ultimi giorni. L'ultima in ordine di tempo è stata la deputata Rossella Sessa. «Lascio con rammarico politico e sofferenza personale il gruppo di Forza Italia - spiega la parlamentare -. Decisione necessaria dopo il mancato sostegno al governo di salvezza nazionale. Sarò sempre riconoscente a Silvio Berlusconi per le opportunità che mi ha dato, ma resto convinta che la crisi determinata dalle scelte del partito, e soprattutto dei suoi alleati, vada contro gli interessi del mondo moderato».

Prima di lei avevano sbattuto la porta l'ex direttore del Resto del Carlino. Il senatore azzurro non aveva gradito la mancata fiducia sulla mozione presentata da Pierferdinando Casini (eletto nelle file del Pd) per chiedere all'aula di Palazzo Madama la fiducia per il governo guidato dall'ex presidente della Bce. A seguire anche Annalisa Baroni e l'ex campionessa paralimpica Giusy Versace.

I giornali, poi, hanno dato ampio rilievo al fatto che molti di loro fanno parte della cosiddetta «corrente» che fa capo alla ministra per gli Affari regionali, come appunto la Baroni e il consigliere regionale Alessandro Mattinzoli, che ricopre anche l'incarico di assessore alla Casa nella giunta lombarda guidata da Attilio Fontana. Anche lui entrerà nel gruppo Misto del Pirellone. Per le dimissioni dall'incarico in giunta, invece, ancora non si sa nulla.

L'unico a essersi dimessi è stato Elio Vito. Il parlamentare azzurro si è dimesso lo scorso 19 giugno alla vigilia del secondo turno della amministrative in polemica con la scelta del partito di accettare alcuni apparentamenti per il ballottaggi. «Ho voluto dimostrare che si può continuare a fare politica essendo coerenti con le proprie idee e i propri valori - disse all'indomani della decisione -, evitando di cambiare casacca. Ho deciso di optare per le dimissioni e per l'accettazione immediata per dimostrare che non ci fosse alcun dietrismo. Naturalmente non perdo i miei diritti civili e politici, si può fare politica anche fuori dal Parlamento». Lo stesso Vito ieri ha avuto però parole di stima nei confronti dei colleghi.

«Ministri e parlamentari che lasciano Forza Italia meritano rispetto non insulti - dice -, escono da una coalizione data vincente mentre sul carro del vincitore in genere si sale».

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