RomaS'è ucciso in cella nemmeno 24 ore dopo essere entrato in carcere. Ha fatto un cappio al lenzuolo, se l'è stretto al collo, ha legato l'altro capo alla finestra e si è impiccato, poco prima delle 23 di domenica. Un gesto drammatico e definitivo, e purtroppo non isolato. Poche ore dopo, infatti, un altro detenuto - uno straniero di 18 anni in isolamento - è stato trovato impiccato nello stesso carcere di Regina Coeli, che ha vissuto una vera giornata nera.
Partiamo da Ludovico Caiazza: il 32enne arrestato sabato in treno a Latina perché sospettato di essere il killer che mercoledì ha ucciso nel suo laboratorio a Prati il 70enne gioielliere romano Giancarlo Nocchia, ha scelto di farla finita così. L'hanno trovato poco dopo, ancora appeso alla finestra e ormai privo di sensi, i due agenti della penitenziaria in servizio nella sezione dei «nuovi giunti» a Regina Coeli, nel loro giro di controllo dei detenuti, effettuato ogni decina di minuti. Ma il breve intervallo è bastato a Caiazza per impiccarsi. Inutile anche la corsa del 118 fino al carcere romano. Quando i soccorsi sono arrivati, appena sette minuti dopo l'allarme, Caiazza se n'era già andato per sempre. Ieri mattina, mentre nella chiesa di San Gioacchino si celebravano i funerali della sua presunta vittima, il napoletano residente al Tufello avrebbe dovuto incontrare il gip per l'interrogatorio di convalida. Invece in calendario, ora, c'è solo l'autopsia sul corpo del 32enne, in programma stamattina all'istituto di medicina legale della Sapienza. E la procura, ieri, ha aperto un nuovo fascicolo di indagine - parallela a quella del Dap - sul suicidio dell'uomo, affidandola al pm Sergio Colaiocco.
Caiazza era stato messo da solo in cella per «sua tutela», fa sapere Santi Consolo, capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in considerazione della situazione personale di «forte disagio» e dei precedenti per violenza sessuale. Ma il sindacato Fp Cgil penintenziaria rimarca la carenza di organico nel carcere romano, dove mancherebbero almeno 250 agenti rispetto al personale previsto.
Domenica, appena arrivato nel carcere sul Lungotevere, l'arrestato aveva incontrato la psicologa di Regina Coeli. Nel colloquio, la donna aveva preso nota di un «forte stato di agitazione» di Caiazza, un turbamento legato, pare, anche al delitto commesso, ma che non aveva allarmato la professionista al punto da farle temere un gesto estremo da parte del 32enne tossicodipendente. Che, a quanto si dice, era convinto di aver solo ferito leggermente a una gamba il gioielliere nel corso della rapina, avendo appreso in seguito, dalla televisione, il drammatico epilogo del suo colpo. Anche nel colloquio con il suo avvocato d'ufficio sarebbe emerso il rammarico per quanto accaduto e la forte agitazione del 32enne.
E la notizia della sua morte, come detto, è piombata tra familiari, amici e commercianti accorsi al funerale di Giancarlo Nocchia. Davanti alla chiesa - che si trova ad appena 200 metri dal negozio dove l'orafo ha trovato la morte - tra lacrime, rabbia, e il lungo applauso che accoglie la bara all'uscita, i presenti sembrano poco propensi a concedere uno spiraglio alla pietà per l'uomo ritenuto responsabile di tutto quel dolore. Un'amica di lunga data dell'artigiano spiega per esempio di provare soltanto «indifferenza» per la drammatica fine scelta da Caiazza. «Mi lascia indifferente - dice - la decisione di uccidersi perché non si è voluta affrontare la realtà. Se riesci a fare un crimine efferato del genere, poi devi affrontarlo».
E
nella serata di ieri un altro suicidio nel carcere di Regina Coeli: uno straniero di 18 anni,in isolamento, si è impiccato con le stesse modalità di Caiazza. All'arrivo dell'ambulanza del 118 non c'era più nulla da fare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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