Il dramma della Volkswagen, la maggiore impresa di auto del mondo e d'Europa, che ha imbrogliato sulle emissioni inquinanti dei motori diesel di almeno undici milioni di Golf, Audi e altri modelli, è un danno per la Germania, la sua economia, la sua politica e la sua finanza. Che perdono un po' della credibilità, che loro deriva dall'immagine dell'etica protestante e del rigore nordico, rispetto al permissivismo meridionale. Questo imbroglio rischia ora di mettere in crisi l'intera industria manifatturiera europea, di cui quella tedesca costituisce quasi la metà in termini di fatturato. E quindi la stessa ripresa economica del Vecchio continente, peraltro già intaccata dalle difficoltà della Cina.
Tutta l'industria dell'auto europea ha infatti subito un contraccolpo negativo, perché può darsi che anche le altre case abbiano attuato pratiche ingannevoli. Volkswagen ha fabbriche in molti Paesi europei e anche in Italia, come la Lamborghini seppure non di auto diesel e molte imprese italiane dell'indotto e del design lavorano per Volkswagen. Ma il reale problema di perdita di fatturato e di decrescita lo ha l'industria tedesca dell'auto, che è assieme all'industria meccanica, motore della sua economia. Nel 2014 la Germania ha prodotto quasi 6 milioni di auto e ne ha esportate 4,3, pari al 18% del suo export. Inoltre la Germania ha il 40% del settore premium del mercato mondiale di auto. È ovvio che l'imbroglio Volkswagen sui suoi diesel si ripercuota negativamente sugli altri suoi brand e su tutta l'industria tedesca di auto, in quanto in questo campo conta molto la nazionalità dei produttori. L'utente più che alle marche singole, guarda alle provenienze nazionali: tedesche, francesi, americane, giapponesi, coreane, italiane, ciascuna dotata di una sua identità. È coinvolto anche tutto il made in Germany , che a volte è monotono, ma ha dalla sua l'affidabilità. Esso subisce un danno anche dal punto di vista ambientalista. Queste polluzioni illegali sebbene riguardino un'enorme massa di auto non sono molto rilevanti per l'ambiente mondiale, perché le emissioni di tutti gli autoveicoli di anidride carbonica, costituiscono solo il 5% del totale mondiale di quelle di questo gas, che è quello che più preoccupa. Ma per gli ambientalisti questo fatto indica il disinteresse per l'ambiente di una delle maggiori imprese tedesche, che per di più è posseduta per il 15% dallo stato della Bassa Sassonia- governato da socialdemocratici della Spd e verdi - che ha il 20% dei voti del consiglio di amministrazione Volkswagen. Ciò mentre il sindacato ha il 50% dei voti nel consiglio di sorveglianza. Sicché si tratta di un'impresa pubblica, tanto è vero che Ferdinando Piech, erede della famiglia Porsche che avendo il 40% dei voti, sino a pochi anni fa, la controllava è stato estromesso dal duo governo statale-sindacati, che hanno nominato al suo posto Martin Winterkorn, l' ingegnere che in precedenza gestiva tutta la parte tecnica del gruppo. O il trucco l'ha fatto lui o non se n'è accorto o ha «sorvolato» pro business. Analogo discorso vale per la politica nazionale tedesca dato che del governo federale fa parte la Spd e che esso è presieduto da Angela Merkel, che comanda su tutti. A fine agosto la Deutsche Bank ha patteggiato una grossa multa negli Usa per aver falsificato il tasso di interesse Libor, mentre nei parametri bancari europei se l'è cavata brillantemente, perché gli stress test non hanno considerato i derivati in cui essa opera ampiamente. Meno bene se la sono cavata le nostre banche popolari che non operano dei derivati, ma nel credito ordinario a cui i test si applicano severamente.
A suo tempo i bilanci del governo greco furono manipolati grazie a derivati delle banche tedesche. Ora crollano le azioni Volkswagen.La Germania rimane un grande paese. Ma l'etica di Kant non vi brilla come si pensava e il suo modello appare più neo-mercantilista che liberale.
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