L'avviso a Bartolozzi grimaldello dei pm contro le Camere

Ceccanti: incoerente non fare a tutti gli stessi addebiti

L'avviso a Bartolozzi grimaldello dei pm contro le Camere
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Una iniziativa "contraddittoria" e "pericolosa per l'equilibrio tra poteri dello Stato": questa per Stefano Ceccanti, illustre costituzionalista non sospettabile di simpatie per il centrodestra (è stato senatore e deputato del Pd) è la decisione della Procura di Roma di iscrivere nel registro degli indagati per il caso Almasri il capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Giusi Bartolozzi. Nelle stesse ore in cui il "caso Bartolozzi" fa irruzione sulla scena parlamentare, dove la Giunta per le autorizzazioni a procedere inizia ieri a esaminare la posizione dei ministri Carlo Nordio (foto) e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano, in una intervista a Radio Radicale Ceccanti spiega una cosa molto semplice: il Tribunale dei ministri, se fosse stato coerente con se stesso, avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione a procedere anche contro la Bartolozzi, incolpandola degli stessi reati addebitati ai ministri. Ma in tal caso il voto contrario del Parlamento avrebbe bloccato anche il procedimento contro la dirigente del ministero. Invece accusando la Bartolozzi di falsa testimonianza la Procura punta a processare indirettamente anche il governo: "E questo - dice Ceccanti - sposterebbe a favore del potere giudiziario l'equilibrio tra i poteri che invece la legge costituzionale ha voluto".

Basta leggere le motivazioni della richiesta di autorizzazione a procedere contro i membri del governo per vedere che la magistratura attribuisce alla Bartolozzi un ruolo centrale nella gestione del caso Almasri, di cui si occupa personalmente e direttamente. "Il tribunale - spiega ancora Ceccanti - descrive un ruolo rilevante del capo di gabinetto in un trama intrecciata con questi soggetti, dicendo che in certi momenti decideva più lei del ministro Nordio". La conclusione ovvia sarebbe stata la incriminazione della Bartolozzi per gli stessi reati dei ministri, come è stato fatto per il sottosegretario Mantovano, anche lui non protetto dall'immunità: ma a quel punto anche per la Bartolozzi sarebbe stata necessaria l'autorizzazione a procedere.

C'è di più: se la Procura di Roma avesse, come era doveroso, indagato anche la Bartolozzi per peculato e favoreggiamento, non avrebbe potuto né interrogarla come testimone né contestarle il reato di false dichiarazioni. Invece in questo modo viene ritagliato un reato su misura per aggirare il prevedibile rifiuto del Parlamento.

A questo punto la palla passa alla Giunta per le autorizzazioni, che ha davanti a sé una strada maestra: restituire gli atti al tribunale dei ministri, perché chieda l'autorizzazione anche contro Giusi Bartolozzi. Che a quel punto seguirebbe la sorte dei ministri.

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