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L'avvocato che salva i borghi italiani

L'americano Cioffi ha investito in val d'Orcia: "Stava sparendo, ora ci sono arte e turismo"

L'avvocato che salva i borghi italiani

Terra di povertà fino al secondo dopoguerra, la Val d'Orcia, nel Senese, è ora la terra dei sogni. E quello realizzato da Michael Cioffi è talmente fuori scala, al limite della follia, che vale la pena raccontarlo, con l'augurio che possa essere una fonte d'ispirazione.

Siamo in un'area di potente bellezza, cipressi in tondo, distribuiti in sinuose S, ma anche solitarie sentinelle tra le colline. I filari di vigna - è questa la patria del Brunello - sono plurimi righi musicali che portano ordine alla mente, quando i campi a segale e frumento si tingono di grigio pare il paesaggio diventa lunare. Lui, Michael Cioffi, è un avvocato di successo di Cincinnati dove opera e vive con la moglie Rachael Rowe, «Avvocatessa dell'anno» nel 2019 e secondo Best Lawyers. Nonni paterni di Caserta e materni originari della Germania, è forse a quest'ultimo ramo che Cioffi deve l'occhio ceruleo: allenato a investigare e discernere all'Università di Notre Dame, negli Usa, roccaforte gesuita e dove si continua a coltivare il pensiero critico e il dovere dell'intelligenza. Per dire, si laureò in Legge con lode ma solo dopo aver approfondito gli studi classici e in particolare le dinamiche del Rinascimento, «un'incredibile esplosione di imprese umane», osserva.

Nel 2003 s'imbatté in Castiglioncello del Trinoro, frazione di Sarteano, un angolo dimenticato della Val d'Orcia. Fu colpo di fulmine. «Il borgo era in pericolo e rischiava di essere cancellato per sempre dalle mappe e dalla storia. Le mura erano crollate, le strade quasi cancellate, i tetti avevano ceduto, i giardini erano soffocati dalla vegetazione. Nonostante tutto ciò, me ne innamorai. La sua bellezza non era di superficie, ma profonda, ricca, un po' mistica» ricorda Cioffi che nel 2005 avviava, a sue spese, il progetto di rinascita del borgo nel 2012 rinato come Monteverdi Tuscany. Ne ha tratto un centro di arti e un hotel diffuso di lusso. Ogni anno aggiunge un tassello, il processo di rigenerazione è in fieri: la chiesetta romanica di Sant'Andrea, auditorium della stagione di concerti, verrà nuovamente restaurata e dotata di una nuova acustica, così come è stato aperto un secondo ristorante mentre il primo sarà presto soggetto a migliorie. Gli investimenti sono di tale portata che non serve un MBA a Harvard per comprendere che superano i ricavi. E allora perché Cioffi fa tutto ciò? «Mi ha intrigato l'idea di creare un luogo dove è possibile uscire dal tempo anche se solo brevemente tornando poi a vivere con autentica gioia e passione. La Bellezza, l'arte e la musica sono fondamentali per la nostra natura di esseri umani, l'evoluzione del pensiero e della fantasia dell'uomo rispecchiano lo sviluppo dell'arte nel mondo. L'arte ci rende più vivi, appassionati e compassionevoli, più saggi, felici e riflessivi. Senza di essa non potremmo definirci completamente umani. E poi condividere l'arte ha un effetto moltiplicatore, dà soddisfazione seguire un concerto sapendo che altri ne godono», spiega questo mecenate dei due Mondi. Sostenitore della vita musicale di Cincinnati e di New York, ha casa anche lì, ha gettato un ponte fra Castiglioncello del Trinoro e la Metropolitan Opera dove è donor. Aderendo al Met's Lindemann Young Artist Development Program ha inserito nella stagione di concerti del Monteverdi Tuscany interpreti freschi o alle soglie del debutto al Met, e così abbiamo scoperto il mezzosoprano sudafricano Siphokazi Molteno, interessante promessa. Per inciso, il Lindemann Young Artist Development Program ha lanciato interpreti come Lisette Oropesa, il soprano del momento, mentre Renata Scotto, scomparsa in agosto a 89 anni, fino all'ultimo vi ha insegnato.

La scelta del nome del borgo si rifà all'ammirazione di Cioffi per il compositore Claudio Monteverdi, «nessuna figura del tempo ha incarnato lo spirito e il significato di rinascita più efficacemente di Claudio Monteverdi, ha reinventato la musica cambiandone il corso e dando vita a una nova forma d'arte che oggi chiamiamo opera». Oggi Monteverdi Tuscany è un luogo di incontro di appassionati d'arte. Anzitutto musicale per via della stagione dove interpreti come Joshua Bell, Maurizio Baglini, Markus Werba, Francesca Aspromonte, Silvia Chiesa, Matthew Polenzani sono presenze costanti, praticamente una famiglia. Altro ospite ricorrente e nobilissimo è Sir John Eliot Gardiner, fondatore del Monteverdi Choir e Orchestra, figura chiave nella valorizzazione della musica antica, pioniere delle esecuzioni storicamente informate. Altri musicisti di peso potrebbero aggiungersi alla «famiglia» del Monteverdi Tuscany, pensiamo a Fabrizio Meloni, primo clarinetto della Scala, che qui ha suonato in agosto con il collega Sandro Laffranchini. E così per la legge del contrappasso quelle pietre silenti per decenni ora risuonano di grande musica, da aprile a ottobre.

Così come ha trovato spazio la Monteverdi Art Gallery, curata da Sarah McCrory, con opere di artisti esposti al Moma, alla Tate e Biennale di Venezia, da Laure Prouvost a Linder Sterling, Billy Sullivan e Monster Chetwynd.

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