Dopo i vaccini obbligatori, il caos. Fuori, sotto un sole feroce, ci sono almeno quaranta mamme (con i figli) che urlano contro l'obbligo di vaccinarsi: «Vogliamo la verità». Dentro, nell'antico stabilimento delle Segherie Matrototaro di Bisceglie, il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin ribadisce la linea del ministero attaccando subito le «fake news»: «I movimenti no vax ha detto - ci sono da 30 anni. Trovavano strada in alcuni ambienti, ma erano molto limitati. Con l'avvento dei social network, quelle che erano delle leggende metropolitane di solito mantenute in un ambiente molto ristretto, sono state viralizzate in modo incontrollato». Un effetto visibile ogni giorno su Twitter o su Facebook. «Io sono convintamente vaccinista ha spiegato il ministro e sono anche informata, eppure anche io, quando ho vaccinato i miei figli, ho trepidato. Questo per dire che questo tipo di informazioni a martello, arriva implacabilmente alle madri. Sono le madri il soggetto più sensibile, perché poi ognuna di noi ha nei confronti del proprio figlio, come è normale che sia, il massimo amore. Ma dobbiamo capire che la forma di massimo amore è vaccinarli». Un appello sentito quello della Lorenzin che convince la platea riunita a Digithon 2017, la «maratona delle idee digitali», ideata da Francesco Boccia del Pd (marito di Nunzia De Girolamo di Forza Italia), che ogni anno premia le migliori idee digitali.
Ma il movimento degli anti vaccinisti è duro da scalfire. E lo confermano le reazioni sui social dopo la morte del bimbo di Monza. A fermare i no vax non basta nemmeno il dolore di una madre che piange il figlio morto per morbillo. Loro, impietosi, snocciolano improbabili diagnosi mediche sui social: «Quel bambino era così debole che poteva morire anche per un raffreddore, è morto di leucemia, non di morbillo» scrivono con una buona dose di ignoranza e con poca delicatezza. E azzardano: «Ora i media strumentalizzano questa vicenda per farci credere che di morbillo si muore e per fare gli interessi delle multinazionali». Qualche mamma arriva perfino a digitare: «Guardate che è una notizia falsa, verifichiamo. O almeno aspettiamo l'autopsia». Commenti che confermano solo una cosa: nessuna malattia è più pericolosa della malainformazione, contagiosissima.
Il caso di Monza convince sempre più i medici che la strada è quella giusta, anzi, non c'è tempo da perdere. E lo stesso ministro Lorenzin ribadisce che la linea dura sui vaccini non è affatto una battaglia di partito né, come piace ai complottisti intransigenti, il frutto di una strategia per arricchire le multinazionali farmaceutiche, ma una scelta basata su dati scientifici: «Siamo aperti a tutte le modifiche possibili che possono andare incontro alla sensibilità del Parlamento e a miglioramenti effettivi. Per esempio sull'istituzione immediata dell'anagrafe vaccinale sulla quale non solo sono d'accordo, ma ho trovato anche le risorse al ministero per poterla finanziare. Tuttavia i 12 vaccini nel decreto resteranno tutti obbligatori». A conferma che quella per la salute sia una battaglia trasversale e non politica, sono i commenti dai banchi del Pd: «Chi è contro i vaccini, è ora che si faccia un esame di coscienza» sostiene il deputato Federico Gelli. «Affidiamoci ai medici e non a saltimbanchi e stregoni» sprona il collega Michele Anzaldi.
E anche dal congressi di ematologia a Madrid arriva un appello: «Il caso di Monza - spiega Agostino Cortelezzi, professore di ematologia all'università degli Studi di Milano - è un segnale molto forte di che significato possa avere la prevenzione delle malattie evitabili».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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