L'economia va sempre peggio Ecco perché il premier rischia

Il Pil cresce meno del previsto e i conti pubblici non migliorano: l'Ue ci ha negato maggiore flessibilità. Servirà una manovra correttiva, così Renzi perderà amministrative e referendum

L'economia va sempre peggio Ecco perché il premier rischia

Se l'economia va male e si vota, chi è al governo perde. Troppo intento a nuotare nella sua bolla di autoconvincimento e a commentare con i soliti toni trionfalistici e fuori luogo i dati sull'occupazione, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, fa finta di niente (come sempre) sulla realtà. E l'elenco delle cose che non vanno, non solo nel nostro Paese, ma nel mondo, purtroppo si allunga di giorno in giorno. Giovedì è stato il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, a fare il duro con l'Italia: con la flessibilità esagera, ne chiede troppa. Mentre «è un margine che si può usare una volta sola». Ma non è soltanto la probabile bocciatura in primavera della legge di Stabilità da parte dell'Europa che dovrebbe impensierire il premier, perché ci sono almeno due altri elementi.

Da un lato, la congiuntura economica internazionale, dal tonfo della Cina all'aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve negli Stati Uniti, volge al peggio, con i relativi riflessi sull'andamento del Pil italiano; i conti del governo sono tutti sbagliati e la manovra non solo si poggia su fondamenta troppo fragili, ma aumenta anche il deficit e il debito pubblico. Mentre sarebbero stati necessari cautela, prudenza e realismo, il presidente del Consiglio ha preferito giocare d'azzardo e illudere gli italiani. Dall'altro lato, incombe minacciosa la situazione geopolitica globale, dalla Siria e la Libia all'emergenza immigrazione all'Arabia Saudita e l'Iran, passando per le tensioni tra Russa e Turchia; dal terrorismo internazionale alla sedicente bomba all'idrogeno in Corea del Nord. Tutti elementi che non possono non avere riflessi sull'economia reale.

Effetto di tutto questo sull'Italia? Una prima manovra correttiva in primavera. E saranno guai. Effetto sul governo Renzi? Va a casa. E vi diciamo anche perché. Come abbiamo visto, chi si trova a governare in periodi di crisi economica e di turbolenza politica difficilmente viene confermato alla guida del Paese o nelle elezioni di medio termine. Per questo Renzi molto probabilmente perderà le elezioni amministrative prima e il referendum confermativo sulla riforma costituzionale (che ha trasformato in un plebiscito su di sé) poi. Non c'è via di scampo. È l'influenza del ciclo economico sul ciclo politico ed elettorale teorizzata in innumerevoli saggi da economisti e politologi delle principali università americane, da Pearson e Myers della Cornell University di New York a Kramer e Fair di Yale University, tutti dal titolo Relationship between economic events and voting behaviour.

Secondo questi modelli, un'attività economica fiorente nel Paese prima delle elezioni dimostra buone capacità del presidente uscente di governare. E ci si aspetta che, se rieletto, il presidente continui a fare bene. Quindi lo si vota. Al contrario, se i dati macroeconomici sono negativi, anche l'azione politica del presidente in carica viene valutata negativamente e ci si aspetta che il candidato alternativo faccia meglio. Per cui si vota quest'ultimo. Questo comportamento dell'elettore è il risultato della valutazione «inconscia» di due elementi: competenza e persistenza del presidente uscente. Renzi, purtroppo, non presenta profili né di competenza né di persistenza nel tempo.

Il richiamo di Dijsselbloem

Metà della legge di Stabilità di Renzi si basa su margini di flessibilità su cui l'Europa non si è ancora espressa. Anzi, fino a ora le prese di posizione, Dijsselbloem in primis, vanno in direzione diametralmente opposta rispetto agli auspici del premier italiano. Sulla «Clausola delle riforme», ci sono almeno tre motivi ostativi: a)il governo ne ha già fatto ricorso lo scorso anno, quando il rapporto deficit/Pil 2016 fu aumentato dall'1,4% inizialmente previsto all'1,8% finale; b)il governo non può chiedere per due volte consecutive margini di flessibilità riferiti alle medesime riforme; c)non ricorrono quest'anno le «circostanze eccezionali», vale a dire crescita negativa del Pil e dell'inflazione. Sulla «Clausola degli investimenti», ci sono altri due motivi ostativi: a)il Fiscal compact impone che il Paese che ne fa ricorso abbia un andamento discendente del debito pubblico: condizione non rispettata dall'Italia; b)il ricorso a tale clausola è legato al cofinanziamento di fondi strutturali europei già stanziati. Ma se gli investimenti non vengono effettuati viene meno per il governo la possibilità di usufruire della flessibilità europea. Quanto all'emergenza immigrazione nessuna decisione circa la possibilità di concedere maggiore flessibilità ai Paesi che più soffrono gli sbarchi è stata presa a livello Ue. Giovedì l'Unione non ha fatto altro che validare le nostre critiche, darci ragione e dimostrare l'irresponsabilità di Renzi. E irresponsabili sono stati anche i poteri forti che non hanno aperto bocca.

La congiuntura economica volge al peggio

Avevamo detto in Parlamento e all'opinione pubblica fin dal mese di ottobre che l'Ue avrebbe bocciato la Stabilità di Renzi e sarebbe stata inevitabile una prima manovra correttiva in primavera. Siamo rimasti inascoltati, anzi trattati come gufi. Con arroganza il premier e Padoan hanno tirato dritto, portando l'Italia verso il baratro. In tempi non sospetti avevamo detto che la crescita nominale non sarebbe stata quella prevista dal governo, ma molto più bassa, e che in questo contesto non si poteva fare una Stabilità tutta in deficit e debito. Per il 2015 i documenti del governo prevedono una crescita reale di +0,9% e un'inflazione, dato da aggiungere per ottenere la crescita nominale, dello 0,3%. Totale: +1,2% nel 2015. Peccato, però, che nel 2015 l'inflazione sarà 0 o -0,1% e, quindi, la crescita nominale sarà tra 0,8% e 0,9%, tra i 3 e i 4 decimali più bassa. Ancor peggio andrà nel 2016, con una crescita nominale del Pil tra l'1% e l'1,2%: lontanissimo dal +2,6% previsto dal governo. Ricordiamo che su questi numeri sbagliati è pericolosamente basata l'intera costruzione della legge di Stabilità.

D'altra parte, la crescita del 2015 e del 2016 nulla ha a che vedere con la politica economica del governo Renzi, se ce n'è una. Tutto deriva dal calo del prezzo del petrolio e, soprattutto, dalla svalutazione dell'euro rispetto al dollaro, conseguenza del Quantitative easing della Bce di Mario Draghi. Senza la svalutazione dell'euro la crescita reale del Pil italiano nel 2015 avrebbe raggiunto a malapena lo zero o poco più. Se a questo dato aggiungiamo l'inflazione nulla o negativa, i dati nominali che ne derivano dimostrano un encefalogramma piatto strutturale del Pil italiano. Eredità che si trasferisce, per effetto del «trascinamento», dal 2015 al 2016. C'è poco da stare tranquilli, caro Matteo. Anche perché, come tu stesso hai scritto nei documenti ufficiali di finanza pubblica, il rapporto deficit/Pil italiano nel 2017 dovrà passare dal 2,4% cui lo hai portato nel 2016 a 1,1%. Significa più di un punto di Pil (1,3) di correzione dei conti pubblici: oltre 20 miliardi. Senza dimenticare che dal 2017 scatteranno quelle clausole di salvaguardia, vale a dire aumento dell'Iva e delle accise, che nel 2016 hai soltanto rinviato di un anno. Per gli italiani è in arrivo una stangata. Se a ciò si aggiunge il pareggio di bilancio, cui ti sei impegnato con l'Europa per il 2018, e la necessaria riduzione del debito pubblico, il conto va dai 40 ai 50 miliardi. Stima non solo nostra, ma confermata anche dal professor Guido Tabellini. Altro che riduzione delle tasse, altro che segno più, altro che risanamento. Forse, a questo punto, andare a casa prima possibile converrebbe soprattutto a te. L'imbroglio è ormai sotto gli occhi di tutti.

La situazione geopolitica globale

I nostri calcoli restano validi se non cambia lo scenario geopolitico. Se qualcosa dovesse andare storto (in termini di guerra e pace), i conti pubblici potrebbero peggiorare ulteriormente. Il 2016 è cominciato sotto i peggiori auspici. La crisi in Cina ha trascinato nel profondo rosso tutte le Borse. Brasile, Russia, India, la stessa Cina e Sudafrica, vale a dire i cosiddetti «Brics», che rappresentano il 35% dell'economia mondiale, da qualche mese hanno cominciato vistosamente a rallentare, e del calo della domanda risentono più di tutti Germania e Italia, economie manifatturiere. La Bce ha inondato sì i mercati di liquidità, ma quest'ultima non si è trasmessa dalle banche alle famiglie e alle imprese. E nonostante la politica monetaria accomodante, la situazione attuale del sistema bancario europeo e italiano è ancora molto complessa.

Un fiume in piena sta per

travolgere il governo. E il ciclo economico negativo investirà anche quello politico ed elettorale. Il de profundiis di Renzi. Con questi presupposti, al referendum neanche ci arriva. E anche se ci arriva, lo perde. Amen.

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