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L'Economist scherza con la "Britaly". Ma l'Inghilterra sta peggio di noi

Gli errori della Truss e il cliché di pizza e spaghetti per ritrarla. Economia e stabilità politica: Regno Unito in crisi

L'Economist scherza con la "Britaly". Ma l'Inghilterra sta peggio di noi

Londra. Ha vinto l'insalata. La sfida lanciata venerdì scorso dal Daily Star su chi sarebbe durato più a lungo tra un cespo di iceberg e la prima ministra inglese Truss si è conclusa ieri poco dopo pranzo. Le dimissioni giungono dopo meno di 24 ore da quando la stessa Truss ha dichiarato in parlamento «sono una lottatrice, non una che molla».

Il valore delle parole nella politica inglese degli ultimi mesi è crollato a un tasso enormemente più veloce del livello di inflazione attuale, attestato secondo gli ultimi dati usciti mercoledì al 10,1%, il più alto degli ultimi 40 anni. Il Paese si sta avvitando in una spirale negativa che, agli occhi dell'Economist, vuol dire Italia. Una Truss marziale in posa da dea classica, in una mano una forchetta impugnata a mo' di lancia con spaghetti penzolanti, all'altro braccio una pizza usata come scudo, il titolo «Benvenuti in Britaly»: è la copertina dell'ultimo numero del settimanale inglese, uscito prima delle dimissioni della prima ministra. Che l'Economist usi l'Italia come metro di paragone delle disgrazie inglesi potrà irritare molti commentatori al di qua delle Alpi ma illustra chiaramente il nodo della questione: Londra ha ora un grave problema di credibilità internazionale, simile a quello con cui convive l'Italia da molti anni.

Si potrebbe cominciare a fare il confronto economico dei due Paesi ed evidenziare come il debito pubblico italiano sia del 50% più alto di quello inglese in rapporto ai rispettivi prodotti interni lordi; obiettare che la dinamica dei conti è forse più favorevole a Roma che prevede un deficit al 5.6% per il 2022 contro un 2.6% acquisito per il primo trimestre di quest'anno da Londra a fronte però di un grande punto di domanda per il deficit sull'intero 2022 dovuto alle politiche annunciate e subito ritirate dal governo Truss; si potrebbe sottolineare che la bilancia dei pagamenti italiana è in positivo mentre quella inglese in profondo rosso; evidenziare però che la produttività è più alta oltremanica, così come la dinamica demografica nettamente più favorevole.

Confronti giusti ma che allontanerebbero dal cuore del problema che non è tanto economico quanto politico. O, meglio, di instabilità politica. Quello che succederà a Liss Truss sarà il quinto primo ministro inglese a partire dal 2016, la stessa progressione che si è registrata in Italia nello stesso periodo. La questione Brexit ha esacerbato le divisioni politiche nel Paese, lo ha infettato con i germi del settarismo politico, lo ha avvicinato alle dinamiche politiche italiane senza peraltro averne l'abitudine nè gli anticorpi. La mancanza di una credibile e coerente politica economica, l'incompetenza e la supponenza dimostrate dal governo Truss nel rendere pubbliche le proprie proposte hanno decretato la perdita di fiducia da parte dei mercati, degli elettori, dei parlamentari e minato fortemente la credibilità del partito conservatore e del Paese.

Lunga sarà la strada per restituire a Britannia il tridente di Nettuno.

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