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L'effetto Covid logora le alleanze

Il Covid fa tornare in mente ricordi che erano stati rimossi

L'effetto Covid logora le alleanze

Il Covid fa tornare in mente ricordi che erano stati rimossi. «Salvini propose a febbraio racconta il capogruppo dei deputati leghisti, Riccardo Molinari un governo di unità nazionale. Andò pure da Mattarella. Ma la proposta fu perculata da tutti. Oggi magari sarebbe più complesso attuarla». «Mai sentita», risponde con una punta di polemica l'azzurro Renato Brunetta. Eppure se vai a Palazzo Madama l'altro capogruppo del Carroccio, Massimiliano Romeo, conferma: «Certo che avanzò questa idea. Lanciò pure il nome di Draghi ma l'ipotesi fu subito stroncata».

Il Covid induce ad indicare i responsabili di ciò che magari avrebbe dovuto essere fatto, ma non lo è stato. Così dalle parti del Pd c'è chi racconta il litigio dicono furibondo - tra Nicola Zingaretti e Roberto Gualtieri: il segretario del Pd a perorare l'esigenza del Mes per far fronte all'emergenza sanitaria, e il Ministro dell'Economia, per conto di Giuseppe Conte, a dire di «no» per salvaguardare la compattezza se non addirittura la sopravvivenza della coalizione.

Il Covid spinge tutti ad avere anche più coraggio. Davanti alla gelateria Grom, all'inizio di via del Vicario, la strada che porta a Montecitorio, con in mano un cono tre deputati di Italia Viva Raffaella Paita, Gennaro Migliore e Luciano Nobili - ammettono che la mozione presentata da Forza Italia sul Mes il giorno prima, sulla quale il gruppo di Iv si è astenuto (a parte Cosimo Ferri e Giacomo Portas che hanno votato a favore), è stata un'occasione mancata. «Avremmo dovuto presentarla noi», dicono in coro. «Al costo chiosa Migliore di aprire una crisi». A Palazzo Madama, Riccardo Nencini, presidente del Psi e senatore di Italia Viva, va oltre: «Su questo tema dovremmo essere più decisi! Io, comunque, fra tre giorni presento un referendum sul Mes. Qui non si rendono conto che fra due mesi sarà una tragedia. C'è da investire in sanità. Ad esempio, quando arriverà il vaccino contro il Covid chi finanzierà i costi per somministrarlo alla popolazione? Ci vogliono risorse: anche perché se non ci pensa lo Stato chi ha i soldi lo comprerà in farmacia, chi non li ha assalterà la farmacia».

Al quarantesimo giorno della seconda ondata dell'epidemia (l'inizio potrebbe essere datato ai primi di settembre, con la curva che si alza a seguito dell'apertura delle discoteche in agosto) si tocca il record dei contagi in un solo giorno da quando il Covid è apparso in Italia: 7.332 casi (il record precedente era del 21 marzo con 6.557 contagi), a cui si aggiungono l'incremento dei morti (43) e dei malati in terapia intensiva (altri 25). E, ovviamente, sulla politica è tornato l'incubo anche perché, rispetto alla prima ondata, non vale più per spiegare ritardi, manchevolezze e inefficienze, il vecchio adagio «non eravamo preparati di fronte ad un pericolo inedito». No, questa volta l'avversario si conosceva e si sapeva quando sarebbe arrivato. E più passano i giorni e più emerge che nulla è stato fatto per essere pronti ad un appuntamento annunciato, a cominciare dal «gap» che spacca in due il nostro sistema sanitario: all'avanguardia al Nord e fatiscente al Sud. Solo che a differenza di quattro mesi fa il virus questa volta non fa differenza tra Nord e Sud, dilaga dappertutto. Almeno in questo siamo un unico Paese. Un paese nei guai. Al punto che il virologo Andrea Crisanti materializza una prospettiva che terrorizza: «Credo che un lockdown a Natale sia nell'ordine delle cose».

Così l'incubo nel Palazzo raddoppia. C'è chi ha ripensamenti sugli slogan del passato, c'è chi riacquista la memoria, c'è chi pensa che strategie e tattiche andrebbero riviste. E questi ripensamenti, questi pentimenti logorano, stressano le alleanze a destra come a sinistra. In Forza Italia, ad esempio, c'è chi giura, come Raffaele Nevi, di aver sentito Giancarlo Giorgetti rompere un altro tabù nella Lega salviniana: «Chiedere il Mes non sarebbe una maledizione». Se fosse vero Claudio Borghi si strapperebbe i capelli che ha, mentre Alberto Bagnai, che non li ha, le vesti. Del resto Alberto Quadrio Curzio, un economista che piaceva alla Lega di un tempo, ne fa una questione di sopravvivenza e di buonsenso: «Senza il Mes come si può finanziare una campagna di vaccinazione?», si chiede.

Nel Pd, invece, la tregua con Conte sul Mes regge, ma tutti sono convinti che nel giro di due settimane il ricorso al meccanismo sia ineluttabile. «Ieri abbiamo detto di no alla mozione di Forza Italia per dialettica parlamentare spiega Luca Lotti alla Camera ma il problema si pone». «Alla fine lo prenderemo prevede Francesco Verducci al Senato è nelle cose».

Resta il problema dei grillini, delle loro fobie ideologiche nelle quali il Mes non ha posto. Ma Gianluigi Paragone, che li conosce bene, che è stato con loro, oltre ad essere un fierissimo avversario del Mes, non fa molto affidamento sulla capacità di resistenza del movimento di fronte all'«incubo» che avanza. «Il Mes sostiene- è una gomma che i 5stelle hanno masticato per tanto tempo e alla fine la ingoieranno con un piccolo mal di pancia. Del resto anche una scissione non provocherebbe la caduta del governo: gli scissionisti andrebbero al gruppo misto e per appoggiare l'esecutivo chiederebbero un ministro e due sottosegretari».

Già, ormai i grillini sanno come va il mondo. Ieri hanno fatto qualche avances all'opposizione per avere un voto favorevole sul Nadef, ma dopo aver messo il voto in sicurezza non sono andati oltre il semplice invito. «Non ci conveniva insistere troppo ha confidato il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento, Gianluca Castaldi perché avremmo mandato Forza Italia sotto stress».

E in quest'incubo, non si sa cosa riserva il futuro. Magari un domani di fronte al contagio che cresce aprire all'opposizione potrebbe non essere una scelta, ma un obbligo. Magari se in passato l'epidemia ha tenuto in piedi il governo di fronte ad un pericolo sconosciuto, domani potrebbe farlo vacillare per l'incapacità di affrontar un pericolo annunciato. Già, il nuovo incubo potrebbe anche far venir meno la regola della prima ondata in cui ogni errore è stato perdonato. «Come quel genio del commissario Domenico Arcuri si inalbera uno dei consiglieri del Cav, Valentino Valentini che si è accorto ora che andavano fatti i bandi per i tamponi e le terapie intensive». Solo che in questo Paese, purtroppo, vige la vecchia regola «promoveatur ut amoveatur». Così nelle segrete stanze del Palazzo gira la voce che Conte avrebbe in mente un valzer di nomine se l'amministratore dell'Eni, Claudio Descalzi, fosse condannato nel processo per le tangenti in Nigeria: l'amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Fabrizio Palermo, andrebbe al posto di Descalzi e sarebbe sostituito a Cdp, per meriti non identificabili, proprio da Arcuri.

Così va il mondo, pardon l'Italia, al tempo del Covid.

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