La Lega attacca in Senato la norma "salva editoria". Fi: Salvini aiuta i francesi

In Commissione il Carroccio dice "no", in Aula si astiene. E Matteo smorza: non credo a inciuci

La Lega attacca in Senato la norma "salva editoria". Fi: Salvini aiuta i francesi

L' incidente sembra di quelli che può far deflagrare il centrodestra. In commissione Affari costituzionali del Senato la Lega vota contro l'emendamento al Dl Covid proposto dalla maggioranza contro le concentrazioni editoriali, che riguarda l'assalto a Mediaset della francese Vivendi. Che sta succedendo? Poi Matteo Salvini in aula smorza un po' e annuncia l'astensione dei suoi, chiedendo una riforma organica per la tutela delle grandi aziende italiane. Assicura di non avere «retropensieri» su un presunto inciucio Conte-Berlusconi. Arriva l'approvazione a larga maggioranza, si passa alla Camera, ma tutto fa pensare ad un segnale politico del Carroccio ad una Forza Italia troppo collaborante col governo.

La mattina, già in apertura della seduta, il leghista Roberto Calderoli cerca di prendere tempo e chiede un termine per presentare un subemendamento. Ma non viene concesso, c'è l'accordo di chiudere in serata. Solo che la Lega non ci sta e nello stupore generale Ugo Grassi, ex grillino passato da poco con Salvini, attacca il M5S accusandolo di allearsi con Berlusconi, dopo Lega e Pd. C'è anche una resa di conti personale, certo. I 5S rispondono: «Da quale pulpito arrivano queste accuse». Un senatore dem commenta, riferendosi a Grassi: «Sembrava di sentire l'avvocato di Vivendi». Renato Schifani e Maurizio Gasparri difendono la posizione di Fi e alcuni dem il merito dell'emendamento, presentato dalla relatrice Valeria Valente del Pd. Alla fine i 4 leghisti votano contro, a favore maggioranza, Fi e Fdi. È dopo questa mossa che Salvini e Berlusconi si parlano al telefono, come più tardi il Capitano dirà in aula. Il leader leghista assicura che è un problema di metodo, non di sostanza, sembra che faccia capire di essersi sentito scavalcato da un accordo di cui non era informato. Ma il Cavaliere gli spiega la delicatezza della materia e lui assicura che il partito si asterrà in aula, che non ci sono problemi.

Il caso intanto monta, l'azzurro Andrea Cangini attacca su Facebook: «La realtà supera la finzione. Salvini, evidentemente, ha cambiato slogan: da prima gli italiani a prima i francesi». Fonti della Lega replicano che il partito è sempre a favore delle aziende italiane e a difesa dell'italianità e nessuno vuol credere ad alcune ricostruzioni (come quella di Dagospia) che parlano di inciucio tra la maggioranza e Fi. Però, ne parlano.

Anche Salvini, in serata in aula, cita Dagospia sul presunto scambio Conte-Berlusconi, un «favore» per bloccare Bollorè con l'emendamento studiato dai ministri Gualtieri e Patuanelli, in quel Senato dove Fi potrebbe salvare la maggioranza. Il Capitano ci tiene ad intervenire personalmente e assicura: «Non credo a certe ricostruzioni, agli inciuci. Mediaset è una grande azienda italiana che va tutelata, a prescindere da simpatie politiche, come Telecom o ogni altra. Pongo un problema di metodo, non si interviene con emendamenti presentati la sera per essere approvati la mattina in commissione ma con trasparenza, in aula. Se Mediaset è bloccata nella sua operatività, serve una riforma organica che sosterremo come Lega e intero centrodestra».

Passa con l'astensione leghista, «come gesto di responsabilità», l'emendamento che darà all'Agcom la possibilità di avviare entro 6 mesi un'istruttoria su eventuali aggregazioni nel settore radio-tv per verificare

effetti distorsivi in caso di operazioni sensibili. E la scalata dei francesi alla società di Berlusconi per ora è bloccata. L'emendamento arriverà alla Camera, ma tutto sembra archiviato come «semplice incidente tecnico».

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