Prove tecniche di dialogo nel centrodestra (e non solo). L'occasione è il rilancio dell'Intergruppo per la Sussidiarietà, un laboratorio fuori dagli schemi rigidi delle appartenenze che ha agito per anni sotto traccia in Parlamento e che ora si ricostituisce per iniziativa di Maurizio Lupi e di altri 200 parlamentari, tra cui alcuni Cinquestelle, individuando «quattro emergenze sulle quali lavorare: lavoro, sud, educazione, welfare».
L'ospite d'onore è Giancarlo Giorgetti, il numero due della Lega, uomo poco incline alle apparizioni pubbliche alla sua prima presenza (ma solo come oratore, specifica lui) al Meeting di Comunione e Liberazione. Con lui, sotto la regia di Giancarlo Vittadini, salgono sul palco Mariastella Gelmini, Gabriele Toccafondi, il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, quello del Pd alla Camera, Graziano Delrio e lo stesso Lupi. Dopo le scintille estive sulla presidenza della Rai e sulla candidatura per la Regione Abruzzo, il primo elemento di interesse è valutare lo stato dei rapporti nel centrodestra. L'atmosfera è cordiale, davanti e dietro le quinte, e la sensazione è quella di una lenta ricucitura e di un dialogo che inizia faticosamente a prendere forma, tanto più ora che tra manovra ed emergenza infrastrutturale si profilano all'orizzonte scelte complesse.
Mariastella Gelmini dà atto al populismo di rappresentare il tratto di un'Italia profonda che non va «liquidato con superficialità». «Nello scontro tra élite e popolo, la promessa populista è quella di togliere il potere all'élite corrotta per affidarlo a un leader forte che governi in nome del popolo. La nostra risposta dovrebbe essere una democrazia migliore». Gelmini strappa applausi quando richiama al dovere di tenere in piedi la parità scolastica e la libertà di scelta educativa, da sempre temi cardine per Cl.
Giancarlo Giorgetti, fedele alla sua immagine di personaggio schietto, riservato, poco incline ai fronzoli e alla compiacenza verso la platea o l'interlocutore, si presenta mettendo in discussione il titolo del Meeting: «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l'uomo felice». «Il titolo è sbagliato. Come diceva Dostoevskij, se tu fai scegliere al popolo tra libertà e felicità sceglierà sempre la felicità. Il titolo dovrebbe essere le forze che rendono l'uomo libero e felice».
Il secondo affondo è sulla centralità (svanita) del Parlamento. La sua ricetta? Presidenzialismo, dimezzamento dei parlamentari, riduzione al monocameralismo. Un tema che non fa parte del contratto di governo e sul quale è facile trovare una sintonia con il centrodestra e Forza Italia che in Parlamento ha addirittura varato già due Intergruppi per il presidenzialismo per iniziativa di Mara Carfagna, Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Stefania Craxi, facendo storcere il naso ai 5S.
«Il Parlamento non conta assolutamente più nulla, gli elettori vedono in esso il luogo dell'inconcludenza della politica. Se non si riformano le istituzioni, si fa in fretta a buttare via tutto. Questa overdose di politicamente corretto che è stata propinata ai popoli ha causato ciò che in altri tempi avremmo definito come politica reazionaria.
Se continuiamo, come un feticcio, a difendere questo modo della democrazia rappresentativa, sbagliamo. C'è entusiasmo per l'azione di governo, bisogna catalizzare questa ondata emotiva e produrre risultati. Altrimenti si fa presto a far svanire tutto».
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