Ci sono troppe cose che non quadrano nell'inchiesta su presunte irregolarità degli attuali vertici Eni nella gestione dei giacimenti in Nigeria. Al punto che il senatore Lucio Barani ha presentato una interrogazione al presidente del Consiglio ponendo una serie di quesiti e la richiesta di una commissione d'inchiesta. Del resto, che nel 2015 persone vicine o avvicinate dai servizi segreti nigeriani abbiano tentato di delegittimare sia il vertice attuale (Descalzi) che quello precedente (Scaroni) del gruppo italiano è cosa accertata in indagini portate avanti dalla Procura della repubblica prima di Trani e poi di Siracusa.
Secondo il contenuto dell'interrogazione, si è trattato di un vero complotto, con trasmissione alle autorità italiane di ambigui dossier da parte di organizzazioni straniere, di email infamanti recapitate nelle caselle di posta elettronica della società, di tentativi di corruzione di ex dirigenti al fine di indurli ad accusare ingiustamente i vertici della società. In particolare la Procura della repubblica di Siracusa ha accertato la veridicità di alcune affermazioni fatte da un imprenditore, Massimo Gaboardi. È risultato vero che ambienti iraniani vicini a tale Radwan Khawthani hanno cercato di avvicinare il premier Matteo Renzi, tramite Andrea Bacci, per caldeggiare la nomina di Umberto Vergine ad amministratore delegato dell'Eni. Ed è risultato vero che alcuni soggetti hanno tentato di corrompere Vincenzo Armanna perché accusasse alti dirigenti della società. Armanna ha infatti confermato ai magistrati di Siracusa l'esistenza di un complotto e che l'organizzazione non solo aveva pronta una attività di dossieraggio nei confronti di Renzi ma che aveva agganciato anche alcuni consiglieri Eni. Dopo aver acquisito questa mole di materiale, la Procura di Siracusa ha iscritto sul registro degli indagati per diffamazione aggravata il manager Umberto Vergine e i consiglieri Luigi Zingales e Karina Litvack. E qui arriva lo stop. La Procura di Milano, che già indaga su un filone Eni-Nigeria innescato dalle «fonti» nigeriane, chiede e ottiene la trasmissione del fascicolo. Che come arriva a Milano sparisce. Neppure a Federico Grasso, avvocato Eni, è stato possibile prendere visione del contenuto, che evidentemente smonta alcune delle tesi sostenute da quella Procura.
«Considerata l'importanza strategica della compagnia scrive il senatore Barani nell'interrogazione è di fondamentale importanza mettere in atto tutte le azioni necessarie per tutelare l'operato di Eni da interferenze straniere».
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