
Anche questa è un'escalation, dettata dall'odio. E riflette le "ostilità" della guerra. Prima i cartelli nei locali pubblici contro i "sionisti", poi le professioniste sanitarie che ostentavano il getto di gettare via dei medicinali ritenuti prodotti israeliani.
Adesso è diventato quotidiano questo lo stillicidio di boicottaggi, ostracismi, faziosità, piccole e grandi discriminazioni. E non si sa bene dove può portare. Il clima si è fatto inquietante. Il rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib, ha parlato di "odio legittimato". È questo che preoccupa: lo sdoganamento di un pregiudizio negativo che rischia a sua volta di normalizzare atti ostili.
Nessuno parla apertamente di paura, anche per non crearne tra gli aderenti alle comunità ebraiche, ma già dai giorni immediatamente successivi al 7 ottobre, prima ancora della reazione israeliana, si era registrato un aumento della tensione, e dei segnali di antisemitismo, che aveva indotto molti a evitare - per precauzione - di usare o mostrare la kippah o altri simboli. "Sicuramente la preoccupazione è crescente - dice un esponente importante dell'ebraismo milanese - abbiamo almeno un paio di atti antisemiti a settimana che ci giungono alle orecchie. Il che vuol dire che ce ne sono sicuramente di più, solo a Milano".
In questo senso vengono visti con grande apprensione tutti gli episodi che stigmatizzano gli israeliani in quanto tali - considerati "presunti colpevoli" della guerra - o addirittura gli ebrei italiani, salvo che non si "dissocino" da Israele o dal suo governo (l'onore della prova viene invertito). Ha indignato e destato incredulità e indignazione, quindi, l'uscita del professore universitario di Palermo che ha invitato a "togliere l'amicizia" ai contatti ebrei ("anche a quelli buoni", ha precisato). "Parole che ci riportano a tempi bui che speravamo superati" ha detto l'ambasciata. E il presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, Luca Spizzichino pur riconoscendo che la condanna del rettore fa sperare "che la lotta all'antisemitismo non sia solo un nostro problema", fa notare che "troppo spesso gli atenei hanno scelto la via del silenzio e sottovalutato i casi di antisemitismo".
La preoccupazione è amplificata da eventi e iniziative faziose e unilaterali. E ha suscitato una reazione forte anche l'evento formativo organizzato per il 4 settembre dal Consiglio nazionale forense con Francesca Albanese, la "rapporteur Onu" che è diventata una sorta di influencer degli anti-Israele.
L'Associazione avvocati e giuristi ebrei", notando come la Albanese abbia "a lungo millantato il titolo di avvocato senza esserne effettivamente in possesso", ieri ha contestato l'evento, invitando a "evitare narrazioni parziali, acritiche, o peggio
tecnicamente errate", e sottolineando come il convegno "destinato all'intera categoria professionale italiana", presenti "un evidente squilibrio". E la richiesta è "integrare il panel e riequilibrarlo", o annullare tutto.