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Letta abbandona i grillini. "Sì al dl Aiuti o è Sarajevo"

La metafora del Pd non lascia alternative al M5s. E va in pressing su Conte sulla proposta sociale

Letta abbandona i grillini. "Sì al dl Aiuti o è Sarajevo"

Enrico Letta, per avvertire i Cinque stelle, usa la cupa metafora storica del «colpo di pistola di Sarajevo», che uccise l'erede d'Asburgo, avviando la spirale che precipitò verso la Grande Guerra. I suoi usano immagini più vicine: «Conte si è imbottito di tritolo e arrampicato su un traliccio: ora ha capito che rischia di saltare per aria e tenta disperatamente di disinnescare l'esplosivo, dice un senatore dem. Il segretario Pd riunisce i suoi gruppi parlamentari - per sottolineare la drammaticità del momento - mentre l'ex avvocato del popolo è in riunione permanente con il suo stato maggiore ma non riesce a trovare la via d'uscita del colossale pasticcio in cui si è ficcato e che rischia di mandare all'aria governo e legislatura.

Enrico Letta, per avvertire Enrico Letta non nomina mai Conte, ma è a lui che si rivolge, nella speranza che l'ex premier sia ancora in grado di riprendere il timone di quel piccolo Titanic semi-sommerso dai flutti che è il suo partito, o quel che ne rimane. Spiegandogli che se non darà indicazione di votare la fiducia sul decreto aiuti, oggi in Senato, si finisce dritti a Sarajevo.

Cioè al voto, l'eventualità che più atterrisce la disperata truppa parlamentare pentastellata. E per una volta il leader dem dà ragione persino a Matteo Salvini: «Non è per ripicca che si dice che se una forza politica vota contro il governo cade tutto e si va a votare: è la logica delle cose che va in questa direzione. Quello che dicono in queste ore Salvini e Berlusconi è una considerazione ovvia».

Perché «quando è nato il governo Draghi era chiaro a tutti (incluso Conte, ndr) che si trattava di un caso eccezionale e unico, e che avrebbe potuto funzionare solo in questo formato». I «distinguo» sui singoli provvedimenti sono «legittimi», ma occorre «fare attenzione, perché se prevale l'idea che i distinguo siano la cosa più importante, si finisce con la logica del colpo di pistola di Sarajevo».

Peraltro, è il messaggio del Nazareno agli alleati grillini, la via d'uscita onorevole dalla trappola in cui si sono messi ci sarebbe: l'agenda di misure sociali messa in campo dal premier Draghi, durante l'incontro con i sindacati, costituisce «un momento di svolta della legislatura», dice Letta, e «una grande opportunità anche per coloro che pongono con forza la necessità di un cambio di passo su questi temi». Sarebbe «paradossale» se, proprio ora che si «apre il dialogo sociale» e sono sul piatto interventi corposi sulla «lotta al precariato e la difesa dei salari, i nostri alleati naturali decidessero di mettere in crisi il governo che li deve portare avanti». Non è «il momento di frenare, ma di accelerare l'azione di governo», avverte il segretario dem. Dal suo partito («Unito come non mai», assicura Letta) il pressing sui 5Stelle è praticamente univoco: «Come può Conte non cercare di intestarsi l'agenda sociale di Draghi? », si chiede l'ex ministro Valeria Fedeli. «Dopo le proposte del governo, chiunque impedisca di realizzarle se ne rende responsabile davanti al paese, e ne risponderà agli elettori». Il sindaco di Firenze Nardella punta il dito contro i grillini: «Siamo una forza responsabile, ma la nostra pazienza ha un limite: abbiamo bisogno di una classe politica seria. Hanno sostenuto questo governo con degli obiettivi, li portino fino in fondo.

Pensino ai cittadini, non ai sondaggi o ai loro voti.

Conte faccia una scelta da leader politico: far cadere il governo ora sarebbe gravissimo».

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