Letta molla la poltrona ma c'è il giallo pensione

L'ex premier lascia il Parlamento a settembre quando scatterà un aumento da 180 euro del suo vitalizio. Che però incasserà tra 12 anni

Letta molla la poltrona ma c'è il giallo pensione

Dimissioni a scoppio ritardato e con giallo-vitalizio per Enrico Letta. Domenica scorsa l'ex presidente del Consiglio si è seduto in una delle poltrone televisive più ambite, Che tempo che fa di Fabio Fazio, per annunciare le dimissioni da parlamentare. L'impegno continua nel Pd, poi ci sarà una scuola di politica per giovani e una cattedra a Sciences Po , la prestigiosa facoltà di Parigi. La data è fissata al primo settembre. E lì per lì a tutti la scelta è sembrata normale. Scuola e università iniziano proprio in settembre. Ma a qualcuno è venuto il dubbio: «Perché non subito?». Magari per lasciare alla deputata che gli subentrerà il tempo di prendere confidenza con Montecitorio. Magari spera che il governo del rivale Matteo Renzi cada prima? Che l'Europa bocci le riforme dell'esecutivo?

Ieri un «flash» di Dagospia se n'è uscito con una interpretazione più previdenziale che politica. «C'entra qualcosa che a settembre 2015 sono passati 2,5 anni dall'inizio legislatura e quindi per i deputati si incrementa il vitalizio come se la legislatura fosse stata intera?». Insinuazione pesante. Un leader politico, professore al quale aprono le porte le più importanti università del pianeta, a fare i calcoli dei mesi di contributi come noi comuni mortali?

In teoria Letta stesso aveva allontanato questo sospetto sostenendo da Fazio che «non prenderò la pensione da parlamentare». Ma l'affermazione si riferiva al fatto che Letta non prenderà l'assegno adesso, ma al compimento del sessantesimo anno di età, come prevede il nuovo sistema pensionistico dei deputati. Non risulta abbia rinunciato del tutto alla rendita.

La spiegazione tecnica è questa. Il sistema previdenziale dei deputati prevede che si abbia diritto alla rendita dopo una intera legislatura. E Letta ne ha diritto, in quanto parlamentare già dal 2001. Per gli anni dal 2001 al 2012 ha già maturato il diritto a un assegno «retributivo». Per gli anni successivi gli verranno calcolati i contributi versati di anno in anno.

L'incremento medio è di circa 900 euro al mese in più per ogni legislatura completata. Ma gli scatti sono semestrali. Quindi, non sarebbe tanto il volere superare i due anni e sei mesi di mandato per conquistare una intera legislatura (quel limite vale semmai come periodo minimo oltre il quale chi non ha avuto altri mandati può versare volontariamente i contributi), ma lo strappare un semestre che andrebbe altrimenti perduto. Possibile, per pochi euro?

A scagionare Letta ci sarebbe la data annunciata per le dimissioni: «il primo settembre». Il quinto semestre della XVII legislatura scatterebbe il 16 settembre. Ma è anche vero che da quando si presentano le dismissioni a quando diventano effettive passa del tempo. Certamente più di due settimane.

Lo scattino, un quinto di 900 euro, quindi 180 euro al mese da percepire tra 12 anni, visto che Letta ne ha compiuti 48, farebbe in tempo a scattare.

Troppo poco e troppo complicato per rischiare.

Anche perché l'ex Presidente del consiglio ha sicuramente già maturato un assegno consistente. Ma anche se avesse deciso di aspettare per non sprecare un pezzo di pensione, confida un deputato, «è quello che avremmo fatto tutti».

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