Adesso sono loro a dire no. No a quella manovra da 27 miliardi di euro che porta in calce la firma del premier auto-rottamato Matteo Renzi. Non basta, non rispetta le regole del patto di stabilità. Ne serve un'altra, occorrono ulteriori sacrifici. A urne ancora calde, i ministri finanziari dell'eurozona non perdono tempo e presentano il conto all'Italia. Ma non sembrano avere fretta. Preoccupati, certo, «per l'alto livello del debito pubblico» tricolore; implacabili nel ricordare come lo sforzo strutturale nel deficit 2017 sia negativo per lo 0,5% del Pil (8,85 miliardi) a fronte di una richiesta di miglioramento dello 0,6% (10,5 miliardi); solleciti nel ricordare che per cominciare a ridurre l'indebitamento è fondamentale onorare gli impegni già presi: ovvero, usare le entrate inaspettate o i risparmi di spesa non previsti nel 2017, da miscelare con un ulteriore impulso alle privatizzazioni.
Eppure, pur chiedendo «misure addizionali significative aggiuntive», ieri a Bruxelles l'Eurogruppo non ha affondato del tutto la lama. Il redde rationem, infatti, viene rinviato al mese di marzo, quando ci sarà una nuova valutazione sul bilancio italiano. È una concessione non da poco, visto che sempre ieri i responsabili delle finanze hanno tenuto una linea durissima nei confronti della svolta anti-austerity propugnata dal numero uno della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Lì hanno mantenuto l'aratro nel solco del rigore, bocciando la proposta di allargare di 50 miliardi i cordoni della spesa pubblica all'interno di Eurolandia. I circa tre mesi concessi all'Italia per sistemare le cose sono da imputare al vuoto di potere creato dalle dimissioni di Renzi. «È impossibile - ha spiegato il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem - chiedere ora ai nostri colleghi italiani di impegnarsi in misure addizionali data la situazione politica».
A Bruxelles, naturalmente, si spera in una soluzione della crisi in tempi assai più rapidi rispetto ai 90 giorni concessi prima del verdetto. Ma, soprattutto, si fa un tifo neanche troppo velato per la nomina a premier di Pier Carlo Padoan, che ha disertato il summit. «È un uomo di alta qualità», ha detto il commissario agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici. Non è del resto un segreto il fatto che i falchi all'interno dell'Eurogruppo vedano come il fumo negli occhi l'ipotesi di un governo di transizione che traghetti l'Italia fino al voto politico senza fare le riforme. Wolfgang Schaeuble, l'inflessibile ministro tedesco delle Finanze, ha subito messo tutti sull'avviso: «L'Italia deve continuare in maniera coerente sulla strada che il primo ministro Renzi ha preso sulle questioni economiche e politiche». Padoan viene visto come il solo in grado di proseguire su questa strada. E una sua nomina non sarebbe priva di conseguenze.
La richiesta di una manovra aggiuntiva non è infatti stata accompagnata da un dettaglio fondamentale: le risorse economiche necessarie per riequilibrare i conti. La Commissione Ue aveva stimato in 5 miliardi lo sforzo aggiuntivo. Se a Palazzo Chigi arriverà un altro professore, l'Eurogruppo sembra insomma lasciare aperta la porta a un possibile sconto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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