In Italia i poteri forti non esistono (più). All'estero sì. E nel giro di una settimana Matteo Renzi ha sfidato tutti quelli europei; o quasi. Se l'è presa con la gestione della Banca d'Italia degli ultimi dieci anni e con Angela Merkel. Nel primo caso, chiamando in causa direttamente Mario Draghi. Nel secondo, la Cancelliera uscita vittoriosa dal congresso del Cdu. Non proprio pesi «mosca».Per il momento, i due non rispondono direttamente. Ma stanno meditando reazioni contro il presidente del Consiglio italiano, seguendo uno schema già sperimentato in passato. Si accontentano di lanciare messaggi che somigliano ad avvertimenti. Durante il Consiglio europeo Draghi avrebbe segnalato che, a livello europeo, c'è un aumento dei deficit strutturali e che, senza sforzi continuativi, l'economia Ue tornerà a rischio. Con la legge di Stabilità, l'Italia non sta migliorando il deficit strutturale. Tant'è che il giudizio della Commissione è in «stand by» fino a marzo. Per vincere il congresso, la Merkel ha dovuto sposare le tesi del suo ministro delle Finanze, Wolfang Schauble: fiero oppositore ad ogni forma di flessibilità di bilancio e capofila della corrente di pensiero, in base alla quale con il quantitative easing, Draghi sta soprattutto aiutando l'Italia.Ne consegue che il presidente della Bce, per smentire quest'impostazione, ha alzato l'asticella del rigore nei confronti del governo Renzi. Anche perché, invece di riconoscere il beneficio sulla congiuntura interna generato dalla Bce, il premier insiste nel dire che è merito suo. Così la Bce dapprima segnala che lo scarso impatto del Jobs Act nella creazione di posti di lavoro; ed ora Draghi punta l'indice sulla mancata riduzione del deficit strutturale.Due messaggi in due giorni. Alla base di questi segnali ci sono le condizioni oggettive della nostra finanza pubblica. Ma al presidente della Bce non devono aver fatto piacere quei sospetti sulla Banca d'Italia fatti dal premier. E nemmeno la sottolineatura che la commissione d'indagine parlamentare sul sistema bancario, innescata dal fallimento delle 4 banche, debba risalire a dieci anni fa. In quel periodo Mario Draghi era governatore della Banca d'Italia e Fabrizio Saccomanni, ministro dell'Economia del governo Letta, era il suo direttore generale. Secondo lo schema di Renzi, anche loro non avrebbero vigilato a sufficienza sul sistema bancario.Il premier, poi, si lamenta dello strapotere tedesco a livello europeo. La Merkel non si scompone. Ma fa cancellare dalle conclusioni del Consiglio europeo lo «schema» di garanzia dei depositi europei.
Poco importa che questa specie di Fondo interbancario di garanzia europeo lo volesse la Commissione, l'Italia, il Portogallo, la Polonia; e la stessa Bce. La Cancelliera, senza clamore, lo fa sbianchettare dalle conclusioni del Vertice. E Renzi continua ad alzare la voce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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