Europa l'è morta. Ma attenzione, a soffocarla non sono stati i tremendi euroscettici. E neanche i pericolosissimi populisti. A liquidarla ci stanno pensando gli europeisti «doc». Succede a Vienna dove un governo sceso in trincea mesi fa per bloccare la temuta elezione a presidente dell'euroscettico Sebastian Hofer, schiera i carri armati alla nostra frontiera. Succede a Parigi dove Emmanuel Macron, novello vate dagli europeisti del Continente, annuncia di non voler farsi carico dei clandestini sbarcati in Italia. Succede in una Spagna che - dopo aver attinto per decenni ai generosi contributi europei garantiti grazie anche alla prodigalità dell'Italia, reagisce con sdegnato disgusto all'ipotesi di accogliere qualche migrante nel porto di Barcellona. I cantori di solidarietà e valori transnazionali, i sostenitori di una sovranità sempre più limitata a favore di un'Unione sempre più forte e compatta esibiscono insomma tutta la loro ipocrisia. O meglio dimostrano che da Madrid a Vienna, passando per Parigi, sono tutti europeisti finché di mezzo ci sono la solidarietà e la generosità degli altri. In questo caso quelle di un'Italia che grazie a Renzi e Gentiloni continua a illudersi di poter ottenere la riconoscenza degli amichetti di Bruxelles. Gli stessi «amichetti» che quando si parla di bilanci chiudono tre occhi sulle sforature di Parigi e sui micragnosi consumi Berlino, ma non perdono occasione per affondare Roma. Non tutto il male, però, viene per nuocere. Emmanuel Macron tanto caro sia alla sinistra tradizionale, sia agli amanti di Renzi e C. sta dimostrando la sua autentica indole. L'indole di un nuovo De Gaulle o Mitterrand generato e partorito dall'essenza dell'istituzione francese. Un francese a tutto tondo pronto a strimpellare l'«Inno alla gioia» se bisogna sedurre un audience continentale, ma pronto a far ripartire l'antica Marsigliese se di mezzo ci sono la salvaguardia della Francia e dei suoi cittadini. Difficile dargli torto. Più difficile non stupirsi dell'ingenuità credulona di chi regge l'Italia. «La spinta all'unità europea - spiegava il 25 marzo scorso il presidente Mattarella durante le celebrazioni per il sessantennale dei Trattati di Roma - si è sempre rivelata, comunque, più forte degli arroccamenti e delle puntigliose distinzioni pro-tempore di singoli governi o di gruppi di Paesi ». C'è da chiedersi se oggi, solo quattro mesi dopo, sia ancora disposto a ripeterlo. Ricordate la trepidazione di Renzi del Pd e di tutto il governo quando sembrava che l'orrido populista Sebastian Hofer potesse conquistare la presidenza austriaca? Vi ricordate i salmi intonati quando invece la spuntò quel vecchio massone, riciclato in verde, di Alexander Van der Bellen? Bene ora nel nome di cotanta solidarietà un governo figlio dello schieramento politico che portò alla vittoria Van Der Bellen schiera esercito e carri armati alla frontiera del Brennero. E che dire degli amici spagnoli. Mai toccati da una critica quando respingono a mazzate e fucilate i migranti che s'affacciano a Ceuta e Melilla sono liberi ora di snobbarci come degli appestati.
Ma forse non c'è molto di cui rammaricarsi. Anzi un po' forse bisogna gioirne. In fondo Austria, Francia e Spagna ci stanno mostrando il vero volto di quest'Europa. Il volto esanime di un cadaverino strangolato dai suoi stessi pretoriani.
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