La guerra che verrà, fra Israele e Iran, rischia di scoppiare su diversi campi di battaglia a cominciare dal Libano, dove 1100 caschi blu italiani si troverebbero fra due fuochi. Dopo le parlamentari di domenica, l'esercito è schierato a Beirut per fermare sul nascere gli scontri fra sostenitori sciiti di Hezbollah e i fan sunniti del premier uscente Saad Hariri. I primi cantano vittoria per aver ottenuto con gli alleati, compreso il partito cristiano dell'ex generale Michel Aoun, la maggioranza dei seggi (67 su 128). I sunniti si leccano le ferite per la perdita di un terzo dei voti nonostante l'appoggio saudita.
L'annuncio di rottura sul nucleare iraniano del presidente americano, Donald Trump, rischia di dar fuoco alle polveri. Non è un caso che ieri, prima dell'ardita decisione della Casa Bianca, uno dei principali consiglieri per la politica estera dell'ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema iraniana, ha sottolineato il successo elettorale del blocco sciita in Libano. «Una grande vittoria complementare ad altre vittorie della nazione libanese contro Israele» ha dichiarato Ali Akbar Velayati. E sottolineato che la conquista della maggioranza dei seggi assieme agli alleati cristiani è avvenuta «nonostante gli enormi sforzi dei sauditi e dei sionisti per far deragliare le elezioni». In realtà l'affermazione del blocco sciita non è così netta e grazie al sistema proporzionale gli schieramenti sono costretti al compromesso. Però il blocco filo occidentale del premier Hariri si è molto indebolito rispetto ai rivali sciiti legati a Teheran.
Il consigliere iraniano Velayati alla fine ha osservato che «la vittoria di Hezbollah rafforzerà il movimento di resistenza contro Israele nella regione e in Siria». Una specie di annuncio della guerra che verrà sulla falsariga di quella del 2006, che ha sconvolto il paese dei cedri. Hezbollah lanciava una pioggia di missili su Israele, solo in parte intercettati e le forze armate dello Stato ebraico martellavano, soprattutto con l'aviazione le postazioni del partito di Dio in tutto il Libano compresa Beirut. E per fortuna la confinante Siria non era ancora sconvolta dalla guerra civile come oggi con l'intervento di Hezbollah e Pasdaran iraniani al fianco del regime di Assad.
In mezzo, senza alcuna reale capacità di fermare le ostilità, i caschi blu dell'Onu che dal '78 sono dispiegati nel sud del Libano come forza di cuscinetto. Della missione Unifil fa parte anche l'Italia con 1100 uomini, uno dei contingenti più numerosi, comandati dal generale Paolo Fabbri. Da aprile l'operazione Leonte si basa sulla brigata alpina Julia, ma sono schierati anche forze specialistiche come il 7° Reggimento Nbc di Civitavecchia. Nel sud del Libano operano pure i paracadutisti dell'8° Reggimento Genio Guastatori di Legnago.
Se il braccio di ferro fra Israele e Iran portasse alla guerra, i soldati italiani dell'Onu sarebbero i primi a subirne le conseguenze.
Hezbollah ha costruito un dedalo di bunker sotterranei nel sud del Libano e Israele presidia pesantemente il confine nord con il paese dei cedri. Come nei conflitti precedenti i caschi blu finirebbero fra due fuochi senza alcun possibilità di fermare i contendenti.
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