Un lieve aumento dei ricoveri: gli ospedali preoccupano. Regioni del Sud verso il giallo

Da qualche settimana è arduo scrivere di numeri del Covid. Le cifre, che dovrebbero darci indicazioni nette, si divertono a tirarci scherzi ogni giorno, muovendosi in direzioni diverse e contribuendo ad aumentare la confusione

Un lieve aumento dei ricoveri: gli ospedali preoccupano. Regioni del Sud verso il giallo

Da qualche settimana è arduo scrivere di numeri del Covid. Le cifre, che dovrebbero darci indicazioni nette, si divertono a tirarci scherzi ogni giorno, muovendosi in direzioni diverse e contribuendo ad aumentare la confusione sotto il cielo pandemico, mai del tutto sereno.

Prendiamo il bollettino di ieri: il numero di contagi apparentemente rallenta rispetto al giorno prima (3.117 contro 4.743). Ma come abbiamo imparato, il dato del lunedì, che si rifà a quello domenicale, è sempre scarico. E quindi il confronto sensato è quello con il lunedì precedente: e qui la faccenda si complica, perché saliamo da 2.072 a 3.117 (+50,46 per cento). E aumenta di molto anche la percentuale di tamponi positivi rispetto al totale di quelli fatti (88.247). La percentuale del 3,53 per cento è la più alta dal 10 maggio (3,91). Sale anche l'incidenza settimanale dei contagi, che da qualche giorno ha sfondato quota 50 ogni 100mila abitanti e si attesta a 52,01. La settimana precedente (13-19 luglio) era a 29,11, la settimana precedente (6-12 luglio) al 14,05.

Ma contano di più i ricoveri, su quelli sono modellati i nuovi parametri in base ai quali le regioni potranno cambiare colore. Ebbene, ieri c'erano 1.512 ricoverati in area non critica, e 182 in terapia intensiva. In aumento, certo, ma lentamente: una settimana fa i ricoverati in area non critica erano 1.188 e quelli in terapia intensiva 162. I primi sono aumentati in sette giorni del 27,27 per cento, i secondi del 12,35, rispettivamente la metà e un quarto rispetto all'aumento dei contagi nello stesso periodo.

Anche l'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari, regionali, non è allarmata. Il tasso di occupazione dei posti in terapia intensiva è del 2,13 per cento, molto al di sotto del limite del 10 per cento che ora è la porta d'accesso alla zona gialla. Certo, ci sono regioni che stanno peggio di altre, come la Sardegna (4,63 per cento), la Sicilia (4,35), il Lazio (3,61) e la Calabria (3.31) ma la situazione sembra ancora sotto controllo. Lo stesso vale per i ricoverati in area non critica: qui la percentuale rispetto ai posti letto disponibili (55.558) è del 2,72, ma in questo caso la spia per entrare in zona gialla si accende al 15 per cento. Le regioni messe peggio sono quelle del Sud: la Calabria è al 6,23 per cento, la Campania al 4,90, la Sardegna al 3,99, la Basilicata al 4,39, la Sicilia addirittura al 7,45.

Dice la sua anche il Gimbe. E anche in questo caso la lettura non è monocromatica. «A parità di casi - fa notare il presidente della fondazione Nino Cartabellotta, intervenendo a una trasmissione radiofonica - abbiamo circa il 50 per cento di ospedalizzazioni e terapie intensive in meno rispetto alle precedenti ondate. Nella seconda e nella terza ondata per ogni mille pazienti positivi avevamo il 5 per cento che veniva ricoverato in ospedale e lo 0,5 per cento che andava in terapia intensiva. Oggi la percentuale dei ricoverati si è ridotta al 2 per cento e quella di chi va in terapia intensiva si è ridotta allo 0,27». Merito naturalmente dei vaccini, che prevengono quasi sempre l'infezione e sempre i guai seri.

E a proposito dei vaccini, Cartabellotta fa notare come ci sia il rischio di avere meno dosi ad agosto: «Per il terzo trimestre aspettavamo 94 milioni di dosi, ma di fatto J&J e Astrazeneca probabilmente non arriveranno più visto che non li stiamo utilizzando. Quindi avremo 45 milioni di dosi di vaccini a mRna, per mantenere la regolarità di somministrazione ne dovrebbero arrivare 15 milioni al mese, ma è difficile».

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