Ostruzione alla giustizia. Sarebbe questa la pesante accusa che alla fine del lungo percorso del Russiagate potrebbe portare Donald Trump sulla soglia dell'impeachment.
Un percorso fatto di numerosi passi falsi, cominciato nell'estate dell'anno scorso con l'attacco hacker alle caselle di posta elettronica dei rivali democratici durante la campagna elettorale per la Casa Bianca: già allora il presidente Obama puntò il dito contro Mosca asserendo di avere prove delle sue accuse. Vennero poi le voci di contatti sospetti con l'ambasciatore russo Kislyak per il consigliere alla Sicurezza nazionale Flynn (cacciato da Trump) e per il genero del presidente Jared Kushner (rimasto al suo posto).
Esplode così il «Russiagate» e il «mastino» Robert Mueller viene nominato per indagare sullo stesso Trump. Il cerchio si chiude via via: emerge l'incontro del figlio del presidente con un'avvocata russa per danneggiare Hillary Clinton poi viene arrestato Paul Manafort, già capo della campagna elettorale del tycoon. Ora arriva la svolta ad opera di Michael Flynn, pronto a testimoniare davanti al super procuratore contro il presidente in persona accusandolo di avergli chiesto di contattare i russi e di mentire su questo punto. Cosa rischia realmente Donald Trump? Nell'immediato nulla.
I tempi dell'ipotetico impeachment, che viene evocato a ogni tappa del Russiagate e a maggior ragione adesso, sono lunghi e il percorso tortuoso. Ma Flynn può creare al presidente problemi seri, se si dimostrerà che attraverso di lui Trump ha ingannato intenzionalmente la giustizia.