Si sente italiana. Al massimo potrebbe accontentarsi della cittadinanza europea della Croazia essendo nata ad Albona, in Istria, ai tempi di Tito. Ed invece l'hanno declassificata a cittadina bosniaca, ma non ha né il documento di viaggio, né la salute per andare a Sarajevo e confermare la sua nuova nazionalità. In pratica vive nel limbo dei senza patria grazie ad un'incredibile palude burocratica fra l'Italia e l'ex Jugoslavia con la Croazia entrata in Europa. L'apolide di fatto si chiama Marina Zolic e vive a Trieste con un cuore che le funziona al 40%. La signora nasce ad Albona nel 1967, quando c'era la Federativa, da madre italiana e padre bosniaco. «L'aspetto più assurdo è che abbiamo tutti la cittadinanza italiana, oltre a quella croata, e viviamo a Trieste. Sto parlando di me, sua figlia, di mia nonna e delle zie, che sono sue sorelle» si sfoga con il Giornale, Anamarija Teskera.
La mamma senza patria si è sposata una prima volta nel 1985, ma il matrimonio non funziona. Qualche anno dopo con l'inizio della sanguinosa disgregazione della Jugoslavia si trasferisce a Trieste e si risposa con un cittadino italiano. «A metà anni Novanta con la fine della guerra in Croazia e la spartizione dei territori, Zagabria chiede ai cittadini croati, come mia madre, di presentarsi all'ufficio anagrafe del comune di appartenenza per una dichiarazione di nazionalità» spiega la figlia. Il passaporto è scaduto e la Questura di Trieste rilascia un permesso d'espatrio. La signora, che si sente italiana e ha gran parte dei parenti più stretti a Trieste sarebbe disposta ad accontentarsi, per il momento, della cittadinanza croata. «Al confine i croati non la fanno entrare ritenendo il documento non valido per proseguire il viaggio. Mia madre resta per ore in attesa e deve tornare indietro» racconta Teskera. La figlia ha studiato a Trieste, dove lavora come educatrice pedagogia per ragazzi difficili.
Marina, la signora senza patria, resta nel capoluogo giuliano con un permesso di soggiorno per motivi familiari e si ammala gravemente. I croati prendendo spunto dall'origine del padre, la declassificano a cittadina bosniaca. «Con l'ingresso della Croazia nell'Unione europea a mia madre non rinnovano più il permesso di soggiorno a Trieste. Per la Questura è rimasta croata e non ne ha bisogno. Ma in realtà si ritrova senza documenti e di fatto è un'apolide» sbotta la figlia. Gli effetti collaterali non mancano. Il cuore è malandato, ma per ottenere la tessera sanitaria deve pagare 400 euro l'anno non risultando italiana. «É un ginepraio burocratico amministrativo senza via d'uscita - sottolinea Anamarija - Per la Questura non è italiana. Per Zagrabia non è croata e per diventare assurdamente bosniaca dovrebbe andare a Sarajevo a registrarsi, ma non ha un passaporto valido e non è in grado di farlo a casa delle precarie condizioni di salute».
Un caso ancora più assurdo in un paese che ha accolto lo scorso anno 170mila migranti, in gran parte clandestini giunti dai barconi dai paesi dell'Africa nera. Della vicenda sono stati interessati il Comune, la Prefettura, lo sportello immigrazione, l'azienda sanitaria, ma nessuno ha trovato una soluzione. «Per questo mi sono rivolta al Giornale. - dichiara la figlia - Mi chiedo come sia possibile che mia madre non abbia alcun genere di collocazione. Come è possibile che tutta la famiglia sia italiana e lei no».
Anamarija non si da pace e lancia un appello: «Capisco che si tratta di un enorme pasticcio burocratico e la difficoltà del caso, ma è possibile che nessuno trovi una soluzione a questo guazzabuglio che assomiglia ad un infernale girone dantesco?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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