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L'intima malattia dei politici: si convincono soltanto di ciò che conviene

Si è riflettuto poco sulla disavventura editoriale di Roberto Speranza. Il punto non è che, in piena pandemia, il ministro della Sanità abbia trovato il tempo di scrivere un libro

L'intima malattia dei politici: si convincono soltanto di ciò che conviene

Si è riflettuto poco sulla disavventura editoriale di Roberto Speranza. Il punto non è che, in piena pandemia, il ministro della Sanità abbia trovato il tempo di scrivere un libro. Né che, come è stato detto da alcuni, avendo scritto un libro sulla pandemia abbia inteso «speculare sulla tragedia». Accuse ingiuste e fuori misura.

A sorprendere è il fatto che nelle intenzioni di Speranza quel libro avesse la funzione di un arco di trionfo e della capacità di governo grazie alle quali, si legge, «siamo in grado di tenere sotto controllo l'andamento dei contagi». Come è noto, essendone stata malauguratamente programmata l'uscita nel pieno di una drammatica seconda ondata pandemica, quel libro non è mai arrivato in libreria. Ma il fatto stesso che sia stato scritto e che fosse prevista la sua uscita in ottobre testimonia quanto il governo in carica abbia sottovalutato il rischio di seconda ondata.

Considerando che Speranza è senz'altro persona seria, responsabile e perbene, c'è di che riflettere. E riflettendo tornano alla mente le parole di Francesco Cossiga: «I politici si convincono intimamente di quel che più gli conviene». Non diceva «Roberto Speranza», Cossiga. Diceva «i politici». E aveva ragione. Prendiamo, ad esempio, Giuseppe Conte. È chiaro che fino a pochi giorni fa il premier si considerava onnipotente. Indici di gradimento alle stelle, alleati sotto schiaffo e la pandemia a cristallizzarne il ruolo: Conte esibiva il paternalismo del Salvatore della Patria e tutto, nella sua narrazione, prescindeva da una realtà che invece agli occhi di molti stava pericolosamente mutando. Tutto, attorno a lui, cambiava, ma, come chi si trova nell'occhio del ciclone, il premier percepiva attorno a sè solo la lusinga di una calma piatta provvidenziale. Non ha cambiato approccio, non ha cambiato narrazione. Dovrà cambiarli sotto la spinta di eventi nient'affatto coerenti con «quello che più gli conviene».

Analogo discorso, duole dirlo, va fatto a proposito di Matteo Salvini: del suo considerarsi re taumaturgo, del suo mettersi ostinatamente fuori dall'«arco costituzionale» europeo, della sua indisponibilità a cambiare registro passando dal governo all'opposizione così come da un tempo di pace a un tempo di guerra epidemiologica.

Troppo ottimismo, troppa ingenuità, troppa propaganda.

Volgendo repentinamente dalla farsa alla tragedia, mai come oggi la realtà è in mutamento sì che, mai come oggi, alla Politica si richiede una qualità antica: l'umiltà del realismo.

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