L'intreccio di società aperte e chiuse tra ricevute dubbie e conti gonfiati

Nel mirino anche la consulenza con l'imprenditore Dagostino

L'intreccio di società aperte e chiuse tra ricevute dubbie e conti gonfiati

Era solo questione di tempo. Alla fine il sistema di scatole cinesi che negli anni i genitori di Renzi hanno messo in piedi, si sta sbriciolando. Scioglimenti, liquidazioni, trasferimenti di sedi, cessioni di quote, redistribuzione dei ruoli, fallimenti pilotati, fatture gonfiate, avvalendosi di personaggi dubbi come l'immobiliarista Luigi Dagostino, arrestato a giugno, con il quale Tiziano era in affari per gli outlet. Il procuratore capo della Procura di Firenze, Giuseppe Creazzo, ha aperto i cassetti. I faldoni sulla famiglia Renzi, tirati fuori già a settembre, quando aveva rinviato a giudizio Tiziano e la moglie Laura Bovoli, accusandoli di emissione di fatture false per consulenze mai effettuate, oggi hanno portato agli arresti.

Le perquisizioni alla Eventi 6 dei Renzi (la superstite del fallimento della Chil, la società che assunse come dirigente Matteo Renzi quando fu eletto a presidente della Provincia di Firenze e grazie alla quale ha potuto beneficiare del tfr pagato coi soldi dei contribuenti) porta a tre cooperative: Delivery service Italia, Europe service Srl e Marmodiv (braccio operativo della Eventi). La Marmodiv è stata fondata nel 2013 da persone legate a Tiziano Renzi, e negli anni ha visto crescere il fatturato, fino a quasi 3,4 milioni di ricavi. Riceveva gran parte delle commesse della Eventi 6 (fatturato 7,278 milioni, 4 dipendenti, socie Laura Bovoli, presidente, e le sorelle di Matteo, Benedetta e Matilde): il compito della Marmodiv era distribuire materiale pubblicitario delle aziende della grande distribuzione (Conad, Esselunga, UniCoop Firenze) che avevano firmato contratti con la Eventi. Poi, improvviso, il fallimento. L'inchiesta è partita da due fatture in particolare, da 140mila e 20mila euro, emesse dalla Eventi per prestazioni che sarebbero state fornite alle società di Dagostino. Il sospetto dei magistrati è che le fatture non corrispondessero alle prestazioni erogate, in particolare quella da 140mila euro riguardante lo studio di fattibilità per un altro outlet che Dagostino voleva aprire in Toscana. In un'intercettazione, l'imprenditore afferma che avrebbe gonfiato l'importo rispetto al valore che era «al massimo 50-60-70mila euro».

L'arresto è conseguenza anche delle indagini sul fallimento della Delivery, nata nel 2009 con sede legale presso Confocooperative in piazza San Lorenzo 1 a Firenze. Nel decreto di perquisizione è specificato che gli investigatori sono alla ricerca di collegamenti tra questa coop, la Europe service (altra coop fallita con sede in piazza San Lorenzo), la Eventi 6 e la Marmodiv. Gli inquirenti che investigano sul crac della Delivery per la quale Renzi senior e Bovoli sono indagati per concorso in bancarotta fraudolenta, ritengono che tra queste società ci sia stato uno scambio di fatture false.

Tiziano parla della Delivery nel 2014 in un interrogatorio davanti ai pm di Genova dove è stato indagato (e poi archiviato) per la bancarotta della Chil: «È una cooperativa che è stata costituita da persone di mia fiducia, tra i quali Roberto Bargilli (ex autista del camper delle primarie di Matteo Renzi, citato pure

nell'inchiesta Consip, dal 2015 è consigliere delegato nel cda della Eventi 6, ndr)».

Un giochino al quale Tiziano Renzi ci ha abituato negli anni: dal 1997 al 2016 ha aperto e chiuso qualcosa come dieci società. Qualcosa non torna.

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