L'inutile umiliazione inflitta al Cavaliere: in aula per un minuto

Berlusconi a Bari si avvale della facoltà di non rispondere come annunciato Tribunale blindato e decine di militari mobilitati per un capriccio delle toghe

L'inutile umiliazione inflitta al Cavaliere: in aula per un minuto

Un minuto e dodici secondi. Non di più. Il tempo di dire il suo nome, «Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936, residente ad Arcore, provincia di Monza Brianza». E poi, come preannunciato giorni fa: «Dopo aver consultato i miei legali, seguo le loro indicazioni e mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Fine. Grazie e arrivederci. Ma i giudici lo hanno voluto lì, nel palazzo di giustizia di Bari, tanto per fargli fare una passerella davanti ai magistrati. Eppure da tempo si sapeva che Berlusconi si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere, come suo diritto perché imputato in un procedimento connesso. Allora perché questa inutile trasferta?

Se lo chiede anche uno dei suoi avvocati, l'onorevole Francesco Paolo Sisto: «C'è stato un grosso dispendio di energie per un gesto processuale di scarsa utilità, magari consentito sul piano formale ma del tutto inutile dal punto di vista sostanziale». E ancora: «Forse non era il caso di farlo venire apposta - aggiunge - con rischi per la incolumità e la sicurezza». Sì perché poi, quando si muove Berlusconi, non è come quando si muove il signor Rossi. «Dispositivo di sicurezza livello uno»: ossia massima protezione del soggetto. Il che vuol dire mettere in campo, oltre alla scorta privata dell'ex premier, tutta una serie di procedure complesse. Quattro macchine dei carabinieri, due davanti e due dietro, che scortano l'auto del Cavaliere nei suoi spostamenti. Da palazzo Grazioli a Roma a Ciampino; dall'aeroporto di Bari al palazzo di giustizia e ritorno. In ogni auto, almeno tre militari. Totale: dodici militari utilizzati per gli spostamenti in Puglia e altrettanti in Lazio. Ventiquattro uomini delle forze dell'ordine che forse sarebbe stato più utile utilizzare in altri modi anziché fare da taxi.

Non solo: una squadra di artificieri ha dovuto bonificare il palazzo di giustizia di Bari, ieri letteralmente blindato. Regolamenti speciali, poi, per gestire l'enorme afflusso di cronisti, operatori e cameramen con tanto di autorizzazioni scritte da far pervenire al presidente del tribunale, Luigi Forleo. Il tutto per sentire Berlusconi che dice «Mi chiamo Berlusconi». Atterrato in Puglia alle 10 e 40, il Cavaliere è arrivato in tribunale alle 11 e 35. Mezz'ora di attesa poi la «cruciale» udienza a mezzogiorno: «Risponde?». «No». «Ok, grazie e arrivederci». Mezzogiorno, un minuto e dodici secondi e Berlusconi è ripartito per l'aeroporto. Decollo alle 12.30. Totale presenza del Cavaliere in Puglia? Nemmeno due ore.

Utile, no? Forse sì, ma solo da chi ha interesse ad accendere i riflettori del circo e tenere viva l'operazione «sputtanamento». E non poteva mancare Patrizia D'Addario che ai cronisti giura: «Farò un film sulla mia storia in cui ci sarà tutta la verità».

E poi dispensa una lettera scritta a mano, in teoria rivolta all'ex premier; in pratica no perché aggiunge: «Sono arrivata tardi perché non volevo incontrarlo». E giù lacrime: «Avrei così tante cose da dirgli che preferisco non vederlo. Mi dipingono come la escort che lo ha inguaiato. Ma io non sono una escort e ho sempre detto la verità».

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