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L'Isis è già qui

Vivono tra noi, alla faccia dei buonisti

L'Isis è già qui

Cosa ci vorrà perché il ministro dell'Interno Alfano prenda atto che la guerra del terrorismo islamico è a tal punto globalizzata che ci riguarda direttamente, con aspiranti «martiri» nostrani pronti a immolarsi per fare strage di italiani? Possibile che ai vertici delle forze di sicurezza non ci sia uno in grado di spiegare ad Alfano che è il caso di smetterla con il ritornello che «non ci sono segnali concreti dell'imminenza di attentati», perché semplicemente non ci saranno mai con questo terrorismo micro-cellulare autoctono ed endogeno che non lascia tracce né prima né dopo gli attentati? È proprio necessario che si debbano toccare con mano le conseguenze tragiche dell'attentato, così come è accaduto a Parigi, Copenaghen, Tunisi e Sanaa, per deciderci finalmente ad annunciare che siamo in guerra - una guerra che ci è imposta - e che in una guerra o si combatte per vincere o ci si rassegna, consapevolmente o meno, ma certamente irresponsabilmente, alla sconfitta?

Ora che i nostri servizi segreti, che eccellono professionalmente ma difettano culturalmente perché non si vuole guardare in faccia al fatto che la radice del male è l'islam, sono riusciti ad individuare una cellula nostrana aderente all'Isis, sta al governo indicare la scelta strategica. Che non può che essere una dichiarazione di guerra al terrorismo islamico, a partire da quello dell'Isis, che ci ha già bollato come il nemico «crociato». Cosa aspetta il capo dello Stato a convocare il Consiglio Supremo di Difesa, l'organo preposto a gestire una situazione che Alfano ha più volte definito di «massima allerta»? Cosa si aspetta a imporre un blocco navale a ridosso delle nostre acque territoriali visto che l'Isis sta a 300 chilometri e ha proclamato che, dopo la Libia, toccherà a Roma?

Nel frattempo chiediamo ad Alfano di non combinare altri guai, di non concedere nuove moschee ai Fratelli Musulmani nostrani in cambio della loro collaborazione, ignorando che è stato un tragico fallimento l'illusione che, alleandosi con i taglialingue, si possano sconfiggere i tagliagole. Dire che dobbiamo sostenere quelli che pregano e combattere quelli che combattono, significa non conoscere la preghiera islamica, che il loro «Padre nostro» condanna ebrei e cristiani di miscredenza, che il Corano legittima l'odio, la violenza e la morte. Come italiani esigiamo che al governo ci siano ministri competenti e quantomeno responsabili.

La posta in gioco è la nostra vita e la nostra civiltà.

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