«L a minaccia dell'Isis c'è, riguarda anche l'Italia e di certo non si spegnerà molto presto. Mancando le seconde e terze generazioni non penso si debbano temere cellule strutturate come quelle che hanno colpito Parigi o Bruxelles. Possono entrar in azione dei lupi solitari o, come in Spagna, dei gruppi operativi improvvisati composti da parenti e amici influenzati da un cattivo maestro. In questo momento le minacce al Papa diffuse ieri nelle Filippine sono quelle che agitano di più i nostri servizi di sicurezza. Il rischio attacchi segnalato dagli americani di Site, invece, appare perlomeno strano a chi, come me, studia per mestiere i messaggi dei terroristi dell'Isis. Quando si parla di attacchi all'Italia bisogna circostanziare le minacce altrimenti si finisce con il gridare al lupo. Site sta facendo proprio questo. Non vorrei giocasse sporco».
Il professor Marco Lombardi, responsabile di «Itstime» - il centro studi dell'Università Cattolica di Milano specializzato nell'analisi del terrorismo e della sicurezza - rifiuta di prender sul serio le minacce segnalate dall'agenzia privata americana che monitora i siti dell'estremismo e del terrorismo islamico. A sentir lui sta amplificando a dismisura le presunte incitazioni a colpire l'Italia diffuse ai «lupi solitari» attraverso un canale Telegram. «Quella minaccia spiega Lombardi al Giornale - è soltanto la traduzione in italiano di un video di propaganda, diffuso il 26 novembre 2016 dalla direzione dell'Isis di Raqqa. Quindi si tratta di materiale vecchio ripreso peraltro da Ghulibati a-Rum, un canale Telegram che conosciamo bene perché specializzato nella ripubblicazione di materiali sottotitolati in italiano. Quindi non si tratta certo materiale originale. Mi chiedo perché Site si giochi la reputazione segnalando del materiale che in fondo è soltanto roba vecchia e già vista».
Una spiegazione - secondo Lombardi - può esser il tentativo di tener sulla graticola l'Italia per ragioni di strategia globale. «Site è sicuramente seria, ma anche molto vicina alle istanze strategiche degli Usa e di Israele, non vorrei - azzarda il responsabile di Itstime - che si cerchi di tenerci sulla corda per spingerci a un maggior coinvolgimento in Libia, magari sulle posizioni del generale Haftar, o in Afghanistan dove la partita dell'intervento sembra pronta a rimettersi in moto». Diversa invece la questione delle minacce a Papa Francesco contenute in un video prodotto da al Hayat, la casa di produzione ufficiale del Califfato, in cui è inserita la «promessa» formulata da un jihadista filippino di arrivare a Roma. La clip di sette minuti mostra un jihadista identificato come Abul Yaman che chiede ai musulmani in Asia di spostarsi a Marawi nelle Filippine per «combattere la jihad». Dopo alcune immagini di combattimenti la scena si sposta in una chiesa cattolica occupata da militanti intenti a tirar giù le croci, distruggere le statue della Madonna e strappare i poster del Papa. Subito dopo l'avvertimento lanciato da un militante a volto coperto: «Miscredenti ricordatelo bene, con il permesso di Allah arriveremo a Roma».
«La nostra intelligence sostiene Lombardi - lo sta prendendo molto sul serio perché nel numero 12 di Rumiyah, la rivista in inglese di Isis diffusa su internet, si ribadiva la necessità di riprendere i luoghi simbolo dell'Islam e colpire quelli del nemico. In questo contesto propagandistico ogni minaccia a Roma è altamente significativa. Ma va anche tenuta conto la valenza locale del messaggio.
Nelle Filippine le bandiere nere puntano soprattutto a terrorizzare una popolazione a larga maggioranza cattolica. In questo contesto mettere sotto tiro il Papa è assai significativo, ma non segnala necessariamente la preparazione di un attentato al Vaticano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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