Ci sono due «se» prima di arrivare alla notizia e cioè che Lega e Fdi da soli otterrebbero la maggioranza dei deputati alla Camera: 205 deputati su 400, con una maggioranza tecnica di 201, in base alle proiezioni Ipsos- Corriere della Sera sui sondaggi attuali (eseguiti tra dicembre e gennaio, su un campione totale di 8mila persone). Per fare la ripartizione dei seggi, 149 deputati toccherebbero alla Lega e 56 a Fdi. A irrobustire il centrodestra i 29 deputati di Forza Italia. Il Pd otterrebbe 96 deputati e i Cinque stelle 65, Italia viva di Renzi si fermerebbe a quota 3. Scomparirebbero tutte le altre forze tranne la Südtiroler Volkspartei (Svp) che manterrebbe 2 seggi. Un cambio totale degli attuali assetti.
E veniamo ai due «se». Il primo riguarda la conferma del taglio dei parlamentari, che porterebbe i deputati dagli attuali 630 a 400. La legge, già approvata in doppia lettura da Camera e Senato, sarà però sottoposta al vaglio del referendum costituzionale, indetto per il 29 marzo prossimo. In assenza di campagna elettorale, e considerato che non è previsto un quorum di votanti, è assai probabile che vinceranno i sì, ovvero coloro che vogliono eliminare i parlamentari. Il secondo «se» riguarda la legge elettorale, ovvero il Germanicum, anche detto Brescellum, dal nome di Giuseppe Brescia, 5s, presidente della commissione Affari costituzionali che l'ha proposta: se approvata, si voterebbe con il proporzionale, una soglia di sbarramento al 5 per cento e un diritto di tribuna garantito a chi ha radicamento regionale.
Sarebbe proprio il diritto di tribuna, secondo tali proiezioni, a garantire l'approdo alla Camera dei 3 deputati di Iv. Il diritto di tribuna scatterebbe infatti, anche senza superare lo sbarramento nazionale, se il partito riesce in due Regioni e tre circoscrizioni a raggiungere i voti necessari a ottenere un seggio.
Una variabile importante nel sondaggio resta la quota di indecisi, al momento il partito più consistente con il 39,1 per cento dei voti, superiore anche all'importante 32% della Lega. Il Pd sarebbe a quota 20, M5s al 14, Fdi al 12 e Fi al 6,5. Tutti gli altri partiti cadrebbero sotto la mannaia dello sbarramento al 5%.
C'è poi da considerare la data del voto: con un simile scenario, a meno di rivolgimenti improvvisi o imprevedibili scivoloni, è arduo pensare che chi attualmente governa abbia interesse ad andare al voto prima della naturale scadenza della legislatura, cioè nel 2023. Le fibrillazioni sono più dovute alla partita di nomine importanti in gioco che al desiderio reale delle forze di maggioranza di contarsi nelle urne. Al massimo, si potrebbe ipotizzare un appoggio esterno del partito di Renzi, proprio per cercare di recuperare consensi.
Politicamente, assumono importanza le regionali previste nel 2020: dopo l'Emilia Romagna e la Calabria, andranno ai seggi Marche, Liguria, Campania, Puglia, Veneto e Toscana. Esiti favorevoli al centrodestra, in presenza di sondaggi anch'essi favorevoli al centrodestra, potrebbero alterare gli equilibri.
Già Quorum/YouTrend e Cattaneo Zanetto & Co, in una rilevazione resa nota il 14 gennaio scorso, avevano provato a rispondere alle medesime domande, senza includere la Valle d'Aosta e la circoscrizione Estero. Secondo questa proiezione, il centrodestra avrebbe 222 deputati, il Pd 86, M5S 76. Sarebbero invece 5 i deputati di Renzi e 2 gli eletti della Svp.
Tra i 200 senatori del futuro Senato, 112 sarebbero di centrodestra, il centrosinistra si fermerebbe a 44 e M5s a 37. Resta l'incognita dell'abbassamento dell'età del voto a 18 anni: in tal caso le proiezioni andrebbero riconsiderate.
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