L'Italia delle baraccopoli. Ecco tutte le città fantasma

La mappa del degrado: da Torino fino a Catania diecimila stranieri vivono in favelas abusive

L'Italia delle baraccopoli. Ecco tutte le città fantasma

Sono le nostre Calais, baraccopoli abusive sparse in tutta Italia, affollatissime eppure invisibili fino al giorno della tragedia. Posti di fortuna. O piuttosto di sfortuna, disperazione e abbandono. Ogni spazio è buono, sotto i ponti, nei container abbandonati, casolari senza più proprietari, parchi, edifici occupati, binari e sottopassaggi di stazioni ferroviarie. È qui che sopravvivono, tra stenti e privazioni, diecimila rifugiati che vivono «per strada» nel nostro Paese. Invisibili, senza assistenza sanitaria, senza luce e acqua, tra malattie e sporcizia. Medici Senza Frontiere ha fatto un lungo viaggio attraverso la penisola, visitando le baraccopoli nate dove finiscono i controlli, negli spazi lasciati in abbandono, in un far west di degrado. Il rapporto «Fuori campo» è la prima mappatura su scala nazionale degli insediamenti informali abitati da rifugiati mai entrati nel sistema di accoglienza, oppure usciti senza che il loro percorso si fosse compiuto. «La popolazione di questi insediamenti si trova mediamente in Italia da 6 anni scrivono i ricercatori di Msf e il 73% non ha alcuna occupazione lavorativa in corso. Tutti gli insediamenti destano preoccupazione in merito alle condizioni generali di vivibilità con evidenti ripercussioni sulla salute della popolazione presente, in particolare Torino/Ex Moi, Padova, Bari/Ex Set, Foggia/Ex Daunialat, Borgo Mezzanone, San Severo. Il sovraffollamento è comune a tutte le realtà». Orrori sotto gli occhi di tutti, delle favelas stile America Latina, dove vivono anche donne e bambini.

«Negli ultimi anni il sistema nazionale di accoglienza per richiedenti asilo non è riuscito a far fronte con le sue strutture ordinarie di prima e seconda accoglienza all'incremento delle richieste di protezione internazionale presentate al nostro Paese» spiegano Medici Senza Frontiere.

«A Castel Volturno, Bari/Ferrhotel, Foggia/ Ex Daunialat e presso i casolari della Capitanata e della Calabria, i siti sono privi di connessione alla rete idrica per l'acqua potabile. Desta sconcerto in particolare la mancata disponibilità di acqua a Bari in pieno centro, nei pressi della stazione ferroviaria e a Foggia. Il sito di Padova, di fronte alla zona centrale della Fiera, ha solo due bagni e l'unica doccia è a secchi nel giardino dell'edificio con tavole di legno. L'elettricità non è presente oltre che in tutti i siti rurali a Padova, Bari, Foggia e Castel Volturno. A Bari e a Padova si utilizzano generatori per alcune ore del giorno. Almeno tre centri in provincia di Foggia presentano situazioni critiche in merito alla mancata o parziale raccolta dei rifiuti e al loro smaltimento».

«Le condizioni di vita sono inaccettabili si legge nel rapporto in metà dei siti non c'è acqua né luce, anche laddove sono presenti donne e bambini; l'accesso alle cure è limitato o manca del tutto: 1/3 dei rifugiati non è iscritto al Servizio sanitario, i 2/3 degli aventi diritto non ha accesso regolare al medico di medicina generale e al pediatra di libera scelta». Peggio delle favelas.

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