Coronavirus

L'Italia ha aperto gli occhi all'Europa. Sui test ai cinesi ora tutti ci seguono

Dopo Francia e Spagna anche in Germania e Svezia tamponi obbligatori per chi arriva dalla Cina. Dalla Ue il "suggerimento".

L'Italia ha aperto gli occhi all'Europa. Sui test ai cinesi ora tutti ci seguono

È stata una piccola rivincita italiana quella terminata mercoledì sera a Bruxelles. Quella di aver aperto gli occhi a tutti sul caso Cina. E se solo pochi giorni fa, il nostro paese veniva criticato per la contromossa del ministro Schillaci di fare tamponi obbligatori ai passeggeri in arrivo dalla Cina per sequenziare eventuali nuove varianti sconosciute, ora si allunga l'elenco dei paesi che ci seguono a ruota. Dopo Spagna, Francia, ora anche la Germania rende obbligatori i tamponi all'arrivo con relativo sequenziamento e isolamento dei positivi. E da domani anche la Svezia introdurrà l'obbligo di un test covid negativo per i viaggiatori provenienti dalla Cina. Lo ha annunciato il ministro degli Affari sociali Jakob Forssmed durante una conferenza stampa insieme a Sara Byfors, capo dipartimento dell'Agenzia per la sanità pubblica. Il requisito di tampone negativo si applicherà per tre settimane sia agli adulti sia ai bambini di età superiore ai 12 anni, indipendentemente dal fatto che siano vaccinati o meno.

L'iniziativa nazionale di diversi paesi si somma all'accordo comunitario in tema di «raccomandazioni». Prima c'è stato l'accordo tra i tecnici dei 27 paesi, poi anche il meccanismo integrato europeo di risposta alle crisi (Ipcr), dopo una riunione fiume di oltre sei ore, ha annunciato che gli Stati membri dell'Ue sono «fortemente incoraggiati» a introdurre il requisito di un test negativo fatto 48 ore prima della partenza dal paese orientale ed effettuate analisi sulle acque reflue degli aerei in atterraggio nella Ue. Oltre a questo, i Paesi Ue hanno concordato di «raccomandare a tutti i passeggeri sui voli da e per la Cina di indossare la mascherina medica o di tipo Ffp2» e «di fornire consulenza ai viaggiatori internazionali in arrivo e in partenza provenienti o destinati alla Cina, nonché al personale di volo e aeroportuale, in merito alle misure igieniche e sanitarie personali». In pochi giorni, insomma, la Ue ha seguito la linea di precauzione applicata dall'Italia già da fine dicembre e ormai tutti hanno aperto gli occhi sul Caso Cina e l'ondata pandemica che può creare problemi al vecchio continente.

Ma come mai la scelta dell'Ue è stata quella di optare per dei suggerimenti, e non per degli obblighi veri e propri? «Innanzitutto - spiega un funzionario a Bruxelles - l'Ipcr non aveva mandato per introdurre un obbligo europeo di effettuare test nell'Unione. Inoltre aggiunge - esistono ancora eterogeneità delle preferenze dei vari Stati. L'Austria, per esempio, è contraria a ulteriori e nuove restrizioni per una questione prettamente economica. Infine aggiunge - ci sono differenze nazionali per intervenire e alcuni Paesi non hanno neppure voli diretti dalla Cina». L'organismo inoltre non ha fornito raccomandazioni per i viaggiatori in arrivo nell'Unione con uno scalo in Paesi terzi: «Risulta complesso e alcuni Stati membri hanno dei problemi legali al riguardo. Verrà deciso anche questo a livello nazionale». Si andrà dunque in ordine sparso. E quello delle triangolazioni degli arrivi non è un tema di poco conto. Per esempio, nelle ultime settimane, solo il 5% dei viaggiatori partiti dalla Cina è arrivato in Italia con un collegamento aereo diretto. L'altro 95% ha fatto scalo altrove in Asia, in Medio Oriente e in Europa la principale porta d'ingresso per l'Italia è lo scalo di Bruxelles.

Un'altra porta di ingresso dalla Cina all'Italia è costituita dagli hub mediorientali: una volta sceso a Dubai, Doha e Abu Dhabi in diversi si sono imbarcati sui collegamenti per l'Italia.

Commenti