L'Italia nel mirino dei soliti pregiudizi degli economisti: "È l'anello debole dell'Eurozona"

Passano gli anni ma l'Italia non riesce a scrollarsi di dosso l'eterna etichetta di anello debole dell'economia europea

L'Italia nel mirino dei soliti pregiudizi degli economisti: "È l'anello debole dell'Eurozona"

Passano gli anni ma l'Italia non riesce a scrollarsi di dosso l'eterna etichetta di anello debole dell'economia europea. A rispolverare l'antico pregiudizio ci ha pensato il Financial Times nel contesto di un sondaggio tra esperti, interpellati circa le possibili conseguenze dell'attuale politica di rialzo dei tassi d'interesse della Banca centrale europea. Ebbene, per nove economisti su dieci il nostro Paese, all'interno dell'Eurozona, è quello «più a rischio» per una massiccia vendita dei suoi titoli di Stato. Tra le righe dell'articolo, il capo economista dell'assicuratore tedesco Allianz, Ludovic Subran, arriva a evocare una possibile ripetizione della crisi del debito sovrano del 2012. Infatti, sebbene il quotidiano finanziario ricordi che il governo Meloni stia seguendo un percorso «di rettitudine fiscale», il debito pubblico italiano rimane tra i più alti in Europa a poco più del 145% del Pil. Per giunta la Bce, per domare l'inflazione, continuerà nel suo percorso di rialzo dei tassi che ha già portato il Btp decennale italiano a rendere fino al 4,6%, quasi il quadruplo rispetto a un anno fa. Quindi rifinanziare il debito costerà di più per l'Italia e, se dovesse prolungarsi la crisi energetica e la recessione dovesse rivelarsi più forte, Roma potrebbe rischiare grosso. Previsioni fosche che sono state ignorate dai mercati, con lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi sceso a 209 punti e il rendimento del decennale italiano piatto al 4,49 per cento.

Ma al di là dei problemi dell'Italia, almeno stavolta il nostro Paese potrebbe essere davvero l'underdog della situazione. E forse non è un caso che proprio la premier, Giorgia Meloni, si sia definita così nel suo discorso d'insediamento alla Camera, forse per stabilire un un collegamento con una nazione che all'estero viene regolarmente sottovalutata. Non dev'essere senz'altro sfuggito, ai signori economisti, che il Pil dell'Italia ha già superato il livello pre Covid. E che, riportano le stime della Cgia di Mestre, tra terzo trimestre 2021 e terzo trimestre 2022 è cresciuto del 2,6%, circa il doppio della Germania (+1,3%) e quasi tre volte la Francia (+1%). Fra il terzo trimestre 2020 e il terzo trimestre 2022 in Italia il Pil è aumentato del 7,5%, in Francia l'incremento è stato del 4,6% e in Germania del 3,2 per cento. Insomma, stiamo andando meglio degli altri e, forse, non è poi così vero che l'Italia è l'anello debole. Certi numeri vogliono dire che c'è qualcosa nei fondamentali che ancora non è tenuto dovutamente in considerazione. Un export vivace, un'economia diversificata e gli investimenti del Pnrr saranno senz'altro un valore aggiunto per l'Italia in questo periodo difficile. Merito degli italiani, ma pure della politica che anche nell'ultima manovra di bilancio si è spesa per proteggere l'economia. Da ricordare, poi, che l'accorciamento delle catene di fornitura in atto a livello globale potrebbe, stavolta, mettere l'Italia e la sua manifattura in una posizione più favorevole. Lungo il percorso ci sono le mine della guerra e di una Bce falco, che dall'inazione è passata al fare troppo contro un aumento dei prezzi che ha considerato a lungo come transitorio.

Intanto, però, ieri l'inflazione tedesca ha frenato oltre le attese, in crescita dell'8,6% sull'anno scorso. Ma meno rispetto a novembre (+10%). Un buon auspicio, in attesa di vedere i report di Francia e Italia (giovedì) e, venerdì, sull'area dell'euro. La buona notizia ha spinto Piazza Affari (+1,15%).

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