Negli ambienti della Difesa l'argomento è tabù. In quelli della Marina Militare, neanche a dirlo, ci fanno presente che al momento, sul tema «non c'è niente da dire». Insomma, dettami precisi, perché il periodo è critico e la guerra all'Isis si fa anche e soprattutto in silenzio. Ecco perché dei sommergibili impiegati per il controllo del Mediterraneo nessuno parla. In realtà, è dall'inizio dell'operazione Mare Nostrum che le acque che vanno dalla Sicilia alla Libia sono costantemente pattugliate, oltre che da unità navali, anche dai sommergibili in dotazione all'arma di mare.
Sono sette in tutto i sottomarini in dotazione all'Italia, ma di questi solo quattro si alternano nella missione anti Isis e di controllo migranti: lo Sciré, il Pietro Venuti, il Romeo Romei e il Salvatore Todaro. Mezzi classe U212, di fattura Fincantieri, del costo medio di 1 miliardo di euro l'uno. Occhi che da sotto il mare spuntano per controllare i traffici del Mediterraneo, per evitare possibili attacchi terroristici alle condotte gas tra Libia e Italia o alle piattaforme petrolifere, ma soprattutto per verificare che il transito dei migranti non porti con sé qualche sorpresa di troppo. A tal proposito, fu proprio grazie a un sommergibile della Marina Militare, di base a Taranto, che nel 2014 furono individuate alcune imbarcazioni di scafisti che trainavano gommoni verso l'Italia. Proprio l'impiego di questi mezzi consentì la riuscita dell'operazione e l'arresto dei malviventi. Il fatto è che mandare in mare un sommergibile costa un occhio della testa. Fonti vicine alla Difesa fanno sapere che i costi, tra personale (una media di 27 persone a bordo), manutenzione, spese di propulsione (vanno a idrogeno), ammortamento e altro si aggirano intorno ai 100 mila euro al giorno. Cifra che, però, non viene fornita in maniera ufficiale proprio perché la missione in questione è coperta da segreto militare. La stessa viene inquadrata, infatti, come «Esm», ovvero electronic support measures, ossia la guerra elettronica, quella volta all'intercettazione delle comunicazioni tra presunti scafisti oppure tra terroristi. Insomma, i sommergibili, così come i predator dell'Aeronautica militare, costituiscono l'occhio invisibile che da sotto le acque, così come dal cielo, spiano tutto ciò che accade e i movimenti verso l'Italia, scattando immagini e filmando video utili, alla nostra intelligence, per prevenire eventuali azioni aggressive nei confronti del nostro Paese.
È da chiedersi, però, perché se questi mezzi sono così efficaci per individuare scafisti e intercettare i barconi, non si operi per bloccarli prima che entrino nelle acque internazionali. «Un disegno prestabilito - dice un fonte vicina agli ambienti della Difesa - perché non c'è la reale volontà di fermare il traffico di vite umane. Se si volesse non ci vorrebbe niente a impedire, coi mezzi che abbiamo a disposizione, la partenza delle carrette del mare».
Peraltro, i costi elevati per l'impiego dei sottomarini che «fino a un massimo di due» per volta, solcano le acque del Mediterraneo nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro, ci fanno chiedere se non sarebbe meglio impiegare quei soldi in un'azione di repressione del fenomeno migratorio. Ma questa è una scelta prettamente politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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