Politica

L'italiano freddato in Messico «Era un omicidio annunciato»

Sul web nel 2018 De Stefano era associato a uno dei tre napoletani spariti. E pure lui vendeva generatori cinesi

Paolo Manzo

San Paolo Freddato, come succede spesso nel violento Messico. Ma stavolta a morire sotto i colpi d'arma da fuoco sparati a bruciapelo è stato un italiano, Salvatore De Stefano, 36 anni, originario di Napoli, residente in Messico dal 2009. È accaduto tutto in pochi secondi. L'uomo si trovava con un cugino e due amici in una pizzeria di Città del Messico, La Bella Donna, a pochi isolati dall'Angelo dell'Indipendenza, simbolo della capitale messicana. Erano le 20 quando un killer dall'età di circa 30 anni è entrato nel locale e ha sparato a Salvatore che, gravemente ferito al petto, non ha poi resistito ed è morto subito dopo nell'ospedale Rubén Leñero dov'era stato trasportato.

È l'ennesimo napoletano a morire in Messico negli ultimi anni. Secondo le prime ricostruzioni si sarebbero sentite imprecazioni in italiano durante la sparatoria, il che farebbe pensare che a sparare possa essere stato un connazionale. Sul movente dell'omicidio il caso è ancora aperto. Se in un primo momento si era pensato a una rapina adesso la pista che prende corpo è quella della vendetta legata all'attività della vittima che secondo la polizia messicana vendeva macchinari cinesi spacciandoli per tedeschi, cosa questa che gli era valsa un'accusa per frode. Come allora non accostare questo caso a quello dei tre napoletani scomparsi il 31 gennaio del 2018 in un altro punto del Messico, nello stato di Jalisco? Stiamo parlando di Antonio e Raffaele Russo e Vincenzo Cimino, misteriosamente scomparsi mentre erano in Messico per vendere generatori elettrici taroccati. Un'attività che evidentemente aveva cominciato a essere notata sia da narcotrafficanti che comprano i generatori elettrici per la raffinazione della cocaina e che non devono aver gradito l'imbroglio sia da clienti meno pericolosi e potenti.

Colpisce allora e non poco come in calce a un articolo pubblicato online lo scorso anno dalla rivista messicana Sin Embargo sulla vicenda dei tre italiani sia apparso un commento datato 20 febbraio 2018. Cioè quando Salvatore De Stefano era ancora vivo. E il commento, a firma di un certo Jose, dice: «Antonio Russo e Salvatore De Stefano sono dei truffatori. Per questo non quadra la cosa. (...) Vivono nei migliori quartieri di Zapopan, comprano case di 4 milioni di pesos (186mila euro, ndr) in contanti. Vogliono passare per vittime ma di sicuro non stanno raccontando tutta la storia. Speriamo che indaghino a fondo la Seido (la procura generale contro il crimine organizzato, ndr) e il Sat (chi controlla l'evasione fiscale in Messico, ndr)». Insomma, già nel febbraio del 2018 qualcuno correlava il caso di Antonio Russo a quello di Salvatore De Stefano, all'epoca vivo, preannunciandone in qualche modo l'omicidio. I corpi di Antonio e Raffaele Russo nonché quello di Vincenzo Cimino non sono mai stati trovati. I tre furono sequestrati dalla polizia locale di Tecalitlán e poi quasi certamente consegnati al boss locale, in uno stato dominato dalla ferocia del cartello Jalisco Nueva Generacción (Cjng).

Non sembra dunque avere fine la maledizione messicana dei «magliari» di generatori elettrici, ovvero dei napoletani che vendono prodotti contraffatti, spacciandoli per tedeschi quando, invece, sono cinesi. Prima ancora dei tre desaparecidos a Tecalitlán, il 5 novembre 2013, venne infatti trovato carbonizzato il 21enne Ciro Poli, a cui apparentemente gli affari andavano «a gonfie vele». Poi fu la volta del 36enne Roberto Molinaro, desaparecido da Veracruz dal 2 ottobre 2014 e del quale da allora nessuno sa più nulla.

L'esecuzione di Salvatore è stata solo l'ultima.

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