Buon per lui, verrebbe da dire. Ma anche stavolta a Fabrizio Corona la magistratura riserva un trattamento comprensivo e quasi affettuoso, lasciandolo a piede libero nonostante comportamenti che porterebbero qualunque altro condannato a venire riportato in cella in un batter d'occhio. Proprio questa disparità di trattamento suscita perplessità all'interno stesso della magistratura, e qualche preoccupazione sull'impatto che potrebbe avere sui detenuti «normali».
Ieri il Tribunale di sorveglianza respinge la richiesta della Procura generale di riportare Corona in cella a scontare la sua pena, e rende definitivo l'affidamento terapeutico per curarsi la tossicodipendenza da cocaina (da cui, peraltro, sostiene di essere da tempo guarito). Nessuna delle ripetute violazioni commesse negli ultimi mesi agli obblighi dell'affidamento viene considerata abbastanza grave da fare venire meno la fiducia in lui, nel suo percorso di reinserimento. Che d'altronde l'ex «re dei paparazzi» non possa venire trattato come un comune mortale i giudici lo mettono anche per iscritto: «è evidente che la rieducazione di un condannato che è anche un personaggio pubblico - sia oggettivamente che per mestiere - deve tenere conto di fattori che in altri casi non operano». Quindi l'affidamento di Corona «è stato gestito in modo dinamico e conforme alle caratteristiche del soggetto con progressivi ampliamenti di prescrizioni». Modo elegante per dire che quando Corona era di notte in discoteca stava lavorando.
Per lasciare Corona fuori dal carcere i giudici scrivono una inesattezza piuttosto rilevante, quando analizzano l'ultima impresa dell'ex compagno di Belen, la comparsata al Grande Fratello con urla a vene rigonfie all'indirizzo di Ilary Blasi. Una messa in scena concordata a fini di audience, probabilmente. Ma il dettaglio critico è un altro: dove si trovava Corona? I giudici scrivono che «la trasmissione è stata registrata di giorno negli studi milanesi dell'emittente televisiva». Quindi Corona non avrebbe avuto bisogno dell'autorizzazione del giudice a lasciare la Lombardia. Peccato che - come ha spiegato nella sua requisitoria il pg Nunzia Gatto - in realtà Corona fosse a Roma, nella «casa» del Grande Fratello a Cinecittà, senza averne affatto parlato al giudice di sorveglianza (cui aveva invece chiesto il permesso di recarsi nella Capitale per incontrare i vertici della tv del Fatto Quotidiano).
Corona, si legge nella sentenza, va giudicato «senza ricorrere a scivolosi e impropri criteri estetici, morali, o peggio moralistici»: anche se in giugno insultò un pm che aveva osato chiedere la sua condanna.
Ma per quell'episodio, si scopre ora, l'ex giovanotto è già stato inquisito e prosciolto ad una velocità mai vista: la Procura di Brescia lo indaga, in due mesi chiude l'indagine chiedendo il suo proscioglimento, un mese dopo il giudice accoglie la richiesta. Miracoli di chiamarsi Corona.
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