La strana sfida Di Maio-Salvini a chi è meno populista

Entrambi hanno abbandonato i toni ruvidi, ma il leader della Lega è parso più preparato

La strana sfida Di Maio-Salvini a chi è meno populista

Roma - Populista chi, io? «Di Maio a Cernobbio sembrava Andreotti da giovane», scrive su Twitter Fabrizio Cicchitto, uno che di Prima Repubblica se ne intende davvero. E anche l'ex presidente del Consiglio Mario Monti è rimasto colpito dalla prestazione di Giggino. «Un raffinato borghese, con una compiuta articolazione intellettuale, mosso dal desiderio di essere e apparire moderato». Monti promuove pure Matteo Salvini. «Ha usato toni misurati rispetto agli standard».

Insomma, i demagoghi sono spariti. Ora che le elezioni di avvicinano, sembra che in Italia nessuno sia più populista. Luigi Di Maio in realtà è da sempre il volto rassicurante e azzimato del grillismo, il golden boy del movimento che sorride molto e studia da premier. Ma al Forum, davanti alla platea di economisti e manager incuriositi, ha scelto con cura gli argomenti e sfumato ancora i suoi toni. «Non siamo estremisti o antieuropei - ha giurato - noi vorremo governare questo Paese. E l'uscita dalla moneta unica è solo l'extrema ratio». Una bella virata, per un movimento che soltanto pochi anni fa aborriva quel mondo che ora corteggia. «Gli imprenditori non sono meglio dei politici», diceva Beppe Grillo al Vaffa day.

Ora invece, siccome «bisogna parlare con tutti», ecco Giggino sul lago a fare le fusa e a promettere mirabolanti innovazioni: «Vogliamo che l'Italia diventi una smart nation, cioè un Paese più efficiente, più veloce, che si basa sull'innovazione e sullo sviluppo tecnologico, e tutto questo non possiamo immaginare di farlo senza il contributo di chi ha idee innovative e produce. Collaboreremo con i portatori di interesse, però con regole chiare e trasparenza». Ma in platea qualcuno si chiedeva: «E gli autobus di Roma? Quando tapperanno le buche?».

Qualche incertezza pure sull'Europa. Nonostante la voglia di rassicurare tutti, la polemicuccia con Bruxelles non poteva certo mancare: «Un Parlamento che fa una legge ogni due giorni e mezzo crea burocrazia». Di Maio a fine giornata era contento lo stesso. «Cernobbio ha mostrato curiosità e interesse per il programma di M5S».

Anche Salvini, che ha rimarcato di non voler proporre un referendum sull'euro, ha tirato un bilancio positivo. «Uno dei miei doveri è quello di ascoltare. E la mattinata è stata molto interessante. Istruttiva. Tra l'altro - ha detto al Corsera - ho preso appuntamenti per visitare tante aziende in tante regioni». Rispetto a Di Maio, il leader leghista ha lisciato di meno il pelo agli imprenditori. «Anche quando saremo al governo ascolteremo e ci confronteremo, però senza sudditanza perché non è che quel mondo abbia sempre avuto ragione. Due anni fa sono stato guardato come un marziano perché contestavo l'austerità e i fatti ci hanno dato ragione».

Per un esperto di comunicazione come Massimo Costa, Wpp

Italia, «Salvini è sembrato più sciolto e convincente, almeno è sceso nel merito di alcune questioni, dimostrando di conoscere i dettagli». E Di Maio? «Si vede che la sua formazione non è quella della piazza ma della rete».

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