L'onda lunga della malattia: più interventi alla trachea

Allarme per le conseguenze delle intubazioni

L'onda lunga della malattia: più interventi alla trachea

In alcuni casi le dimissioni non significano per forza la parola fine. A un anno dalla comparsa del virus purtroppo i medici hanno costatato anche questo effetto: è l'onda lunga della malattia, che non ti molla, che riemerge. Succede, ad alcuni pazienti, dopo essere stati dimessi dai reparti di terapia intensiva.

A lanciare l'allarme è il capo di chirurgia toracica avanzata dell'Humanitas di Milano, il professor Umberto Cariboni che da quando è comparso il virus in Italia, si è trovato sempre di più alle prese con interventi che prima venivano considerati rari. «Una operazione che prima ci veniva richiesta forse una volta all'anno, spiega Cariboni, quest'anno ci è già capitata almeno quindici volte. E non sappiamo cosa sta succedendo negli altri ospedali». La preoccupazione del professore è soprattutto per la complicazione che il caso comporta. «Solo pochissimi centri in Italia fanno questi interventi. Ci stiamo accorgendo che alcune persone, intubate causa Covid, nel tempo hanno sviluppato stenosi tracheali, cioè dei restringimenti della trachea che impediscono al paziente di respirare. Nel nostro ambulatorio del tracheal team stavano arrivando sempre più pazienti affetti da questo problema». Ed è per questo che il capo di Chirurgia Toracica ha promosso uno studio scientifico che coinvolge ospedali della Lombardia e del Piemonte per analizzare insieme e studiare la popolazione che sviluppa questo problema.

Ma non ci sono solo i problemi fisici. C'è urgente bisogno di continuare a seguire, valutare e curare i guariti: secondo uno studio condotto dal San Raffaele di Milano, oltre la metà delle persone che hanno ricevuto un trattamento ospedaliero per Covid-19 riporta almeno un sintomo di disturbi come ansia, depressione, stress post-traumatico, insonnia o altre manifestazioni. Secondo la società psichiatrica italiana poi il numero dei traumi da pandemia, fa impressione: la maggior parte degli studi presi in esame indica che i sopravvissuti al contagio hanno una maggiore probabilità di disturbi a lungo termine, seguiti dalle famiglie delle vittime e dagli operatori sanitari. Il 96% dei sopravvissuti al virus sperimenta infatti i sintomi della Sindrome Post Traumatica da Stress, fino anche ad arrivare in casi estremi al rischio di suicidio.

A rischiare di più sono coloro che hanno vissuto l'incubo della ventilazione meccanica: fino a uno su due di questi pazienti è a rischio di sviluppare disturbi psichiatrici con allucinazioni, ricordi di panico e ansia che potrebbero persistere anche a 5 anni di distanza. Molti sono dunque gli interrogativi posti da questa nuova malattia.

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