Cronache

Londra vieta il 5G cinese. E Huawei chiama l'Italia. "Non fate questo errore"

Il governo britannico esclude il colosso delle tlc. Il rischio di ritorsioni da Pechino

Londra vieta il 5G cinese. E Huawei chiama l'Italia. "Non fate questo errore"

Il governo inglese ha ieri annunciato che Huawei sarà escluso dallo sviluppo della rete 5G del Paese: dall'inizio del prossimo anno i gestori di telefonia mobile non potranno più acquistare nuove attrezzature per il 5G dal gigante cinese delle telecomunicazioni, i cui apparecchi attualmente in uso dovranno essere sostituiti entro la fine del 2027. «Entro le prossime elezioni avremo definito in modo irreversibile il quadro legale per la completa rimozione di Huawei dalla nostra rete 5G», ha dichiarato il ministro al Digitale e alla Cultura Oliver Dowden.

La scelta del governo Johnson costituisce un'inversione di 180° rispetto al via libera che Huawei aveva ricevuto a fine gennaio, una decisione che per quanto condizionata Huawei non sarebbe stata coinvolta nello sviluppo del cuore della rete ma solo delle periferiche aveva causato le proteste degli Usa. Il dietrofront di ieri è giunto dopo un'analisi del Ncsc, il centro per la cyber sicurezza del Paese, che ha valutato gli effetti delle sanzioni che Washington ha imposto a Huawei a partire da maggio: il governo Trump ha tagliato fuori la società cinese dai microchip con tecnologia americana, escludendo di fatto Huawei dalla componentistica più avanzata. Una situazione che ha quindi portato il Ncsc a dubitare della sicurezza dei prodotti cinesi e a suggerirne la messa al bando.

L'esclusione di Huawei comporterà secondo Londra un ritardo di 2/3 anni sullo sviluppo della rete 5G, con un aumento dei costi di circa 2 miliardi di sterline. Secondo la multinazionale cinese la decisione «rischia di spingere la Gran Bretagna verso la corsia lenta dello sviluppo digitale e di spingere in alto i costi». Alla decisione di ieri ha contribuito il lavoro ai fianchi governativi di una consistente fronda di deputati conservatori, arrivati secondo gli ultimi conteggi a una sessantina di persone, che ora spingono per espellere Huawei anche dal 2-3-4G inglesi.

La decisione del governo Johnson è il culmine di un dibattito su cui sono intervenuti differenti fattori. Innanzitutto l'iniziale gestione della pandemia da parte del governo cinese, accusato di non aver condiviso tempestivamente le informazioni in suo possesso; poi l'aggressivo atteggiamento nei confronti dell'Australia, di cui la Cina è il primo partner commerciale, contro il cui orzo e carne Pechino ha scatenato una guerra commerciale dopo anni di schermaglie diplomatiche conclusesi con la richiesta di Canberra di una commissione internazionale per indagare sul ruolo di Pechino nella pandemia. Infine la questione di Hong Kong e l'accelerazione cinese sull'unificazione nonostante le vibranti proteste di Londra. Spinte diverse ma indirizzate tutte verso il ripensamento delle relazioni anglo-cinesi. Trump esulta per il «crescente consenso mondiale su una possibile minaccia» mentre Pechino prepara possibili ritorsioni. Lontano è il tempo del governo Cameron, il cui cancelliere dello scacchiere George Osborne salutava nell'autunno del 2015 l'inizio di un'«epoca d'oro» nelle relazioni tra Londra e Pechino. Il Covid-19 ha fornito la spinta finale per un ripensamento della strategia complessiva, il Regno Unito post-Brexit, che avrebbe dovuto essere un alfiere del libero commercio, pensa ora di ridurre la propria dipendenza anche industriale da Pechino e stringe i legami con gli alleati anglosassoni. Gli Usa auspicano che Londra possa essere seguita da altri Paesi occidentali. «Ci aspettiamo che il governo italiano» non cambi la sua strategia, fanno sapere da Huawei Italia.

E considerando il silenzio di Roma su Hong Kong è difficile pensare che Roma segua Londra.

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