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Lorenzo Fontana: "Il Mediterraneo è casa nostra. Questione di potenza nazionale"

L'ex ministro e responsabile Esteri della Lega spiega quali saranno le mosse del Carroccio sul piano internazionale

Lorenzo Fontana: "Il Mediterraneo è casa nostra. Questione di potenza nazionale"

Tra le personalità più influenti nella Lega, Lorenzo Fontana ha un lungo percorso di militanza alle sue spalle che lo ha portato a scalare i ranghi del partito senza mai perdere di vista i valori identitari e cristiani. Dagli inizi nella Lega Veneta con i Giovani Padani fino alla nomina nel 2016 a vicesegretario federale (carica che ricopre ancora oggi), passando per l’incarico di Ministro per la famiglia e la disabilità, poi di Ministro per gli affari europei, si è fatto strada con spirito di abnegazione e dando battaglia sui temi a lui più cari. Nel mezzo l’elezione ad eurodeputato e a deputato al parlamento italiano. È di pochi giorni fa l’annuncio del nuovo importante ruolo affidatogli da Matteo Salvini come responsabile esteri della Lega e Fontana non ha perso tempo svolgendo un ruolo di primo piano nell’incontro a Budapest tra Salvini, Orban e il premier polacco Morawiecki.

Onorevole Fontana, da poco è stato nominato responsabile esteri della Lega, su quali temi si muoverà la sua attività nei prossimi mesi? Quale saranno le priorità per la Lega in Europa?

"L’obiettivo è creare massa critica per avere il più possibile un’unità di intenti a livello europeo ed extra Ue: difesa dell’identità, delle tradizioni, della famiglia, una base comune dei valori cristiani per fare da contraltare all’agenda globalista e politicamente corretta sempre più aggressiva. Dietro alle buone intenzioni c’è il rischio di una nuova forma di totalitarismo che può diventare alla lunga pericolosa. Bisogna muovere le forze identitarie per creare una visione diversa di civiltà e un’alternativa al globalismo".

Di recente ha partecipato a Budapest all’incontro tra il leader della Lega Salvini, il primo ministro ungherese Orbàn e il primo ministro polacco Morawiecki, nei prossimi mesi è prevista la nascita di un nuovo gruppo al parlamento europeo?

"Si potrà avere qualche sviluppo in tal senso ma non è questo il punto centrale. Inizialmente la battaglia è culturale e politica, occorre creare organismi internazionali che non si limitino al gruppo al parlamento ma serve un’alternativa in senso identitario fondamentale nell'Ue in particolare in un momento in cui il Ppe si è spostato a sinistra dando il via libera ad un’agenda socialista".

L’Ecr si è detto disponibile a ragionare un ingresso della Lega nel suo gruppo, è un’ipotesi plausibile?

"Non appena sarà possibile, occorre creare un gruppo il più grande possibile che ci ponga come alternativa all’attuale maggioranza nel parlamento europeo. Bisogna coinvolgere ciò che rimane di destra nel Ppe verso una grande alleanza. L’obiettivo deve essere più ampio di una semplice entrata nell’Ecr, servono ambizioni importanti. O onor del vero, già da prima delle elezioni europee auspicavo la nascita di una grande alleanza in Ue ma ora i tempi sono maturi".

Il percorso avviato a Budapest coinvolgerà anche think tank, fondazioni e mondo culturale, in quali forme e modalità? Ritiene sia importante il contributo della cultura identitaria per il “Rinascimento europeo”?

"In ogni Paese è raccontata una visione dei partiti identitari in modo negativo con un’idea folle e lontana da realtà, il mondo culturale è importante per spiegare cosa succede nei vari paesi europei. In tal senso i think tank hanno un ruolo fondamentale, dovranno essere la nostra arma per scardinare questa propoganda mediatica. Da una parte c’è la politica e in parallelo l’attività delle fondazioni e dei think tank".

Alla luce del dibattito di questi giorni, quale dovrebbe essere secondo lei l’approccio dell'Italia e dell'Unione europea nei confronti della Turchia?

"Da sempre la Lega sostiene che la Turchia non c’entri nulla con l’Ue. I tentativi di pre adesione (che ci sono costati miliardi di euro) erano basati su un approccio ideologico. La Turchia porta avanti una politica aggressiva nel Mediterraneo fastidiosa non solo per l’Italia ma anche per altre nazioni europee come la Francia. L’Italia deve ritrovare centralità nel Mediterraneo che è un fulcro di sviluppo sopratutto per il mezzogiorno. Occorre avere la volontà di impegnarsi per considerare i nostri confini come una cosa che ci interessa direttamente, sia nell’area dei Balcani sia in Libia e nord Africa. Il Mediterraneo è casa nostra e non possiamo permetterci una politica aggressiva della Turchia, è una questione di potenza nazionale".

È da sempre molto attivo nella difesa dei cristiani perseguitati, a suo giudizio cosa dovrebbe fare l’Italia per aiutare i cristiani perseguitati nel mondo?

"Basterebbe che l’Italia e l’Unione europea, ogni volta che siglano un trattato internazionale, inseriscano il rispetto delle minoranze cristiane. Non ci dobbiamo dimenticare che quella cristiana è la minoranza più perseguitata al mondo con migliaia di morti ogni anno e anche in Europa assistiamo a un crescente numero di atti contro il cristianesimo e contro i fedeli. Avvengono episodi di cristianofobia in tutta Europa, è una problematica che esiste e dobbiamo farci sentire. In futuro ci sarà una contrapposizione non solo in termini economici ma anche su valori e questioni religiose, è notizia di pochi giorni fa un attentato sventato in Francia. Una parte del mondo è in guerra contro il cristianesimo, ci hanno dichiarato guerra ma noi chiudiamo gli occhi".

Venendo alla politica interna, come giudica questi primi mesi di governo Draghi?

"È ancora presto per giudicare l’operato del governo e per fare bilanci, mi auguro ci possa essere sempre di più discontinuità con Conte ma sembra che Draghi voglia farlo a piccoli passi".

La Lega sta molto insistendo sul tema delle riaperture, qual è la sua posizione a riguardo? È possibile coniugare diritto al lavoro e diritto alla salute?

"Bisogna cambiare passo sulle riaperture. Vengo da una regione, il Veneto, in cui il turismo ha una massima importanza, così come l’artigianato, ed oggi ci sono aziende e persone in gravi difficoltà. È sbagliato l’approccio per cui lo stato ti chiude e non ti sostiene in modo adeguato. Non ci possono impedire di lavorare, capisco l’emergenza iniziale ma dopo un anno è incomprensibile perché si continua a impedire alle persone di lavorare. Per molti il lavoro è una ragione di vita, bisogna riaprire in sicurezza perché stanno subentrando gravi patologie anche di carattere psicologico. Lo stato non può impedirti di lavorare senza garantirti una sopravvivenza. Mi auguro davvero ci sia un netto cambiamento di passo".

Uno degli argomenti principali dell’attuale governo è l’ambiente, con il Recovery fund verranno destinati numerosi miliardi al tema ambientale, pensa sia possibile un ecologismo identitario? Se sì, basato su quali aspetti?

"L’ecologismo ha un lato identitario positivo e uno globalista negativo.

Il vero ecologismo è di stampo identitaria, se riusciamo a usare i fondi del recovery nel giusto modo, possiamo vivere in un ambiente migliore e privo di tendenze ideologiche tipiche di una visione antiumana".

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