Lotta tra bande in procura: le toghe si riprendono la scena

Così i magistrati, da Milano a Roma, occupano di nuovo tutti gli spazi lasciati vuoti dalla politica

Lotta tra bande in procura: le toghe si riprendono la scena

Non c'è l'epopea, ma il tempo corre indietro e restituisce schegge di Mani pulite: in perfetta sincronia i pm azzannano la giunta Raggi e fanno scricchiolare quella di Palazzo Marino, con il sindaco Beppe Sala costretto a una singolare forma di esilio. Suggestioni e paralleli con il passato si sprecano e però qualche riflessione e qualche distinguo si può e si deve fare.

Non c'è più il pool di Antonio di Pietro, motore di quella rivoluzione giudiziaria, e non c'è nemmeno la coda a tratti feroce del manipulitismo. La magistratura è un mosaico complesso, difficile da ricomporre. Si può sostenere che a Milano sia finita, fra frizioni e polemiche, l'epoca di Edmondo Bruti Liberati, il procuratore con il fiuto del grande politico che aveva steso il mantello della legalità su Expo come una celebre madonna di Piero della Francesca sui peccatori.

A Milano, poco più di un anno fa, Matteo Renzi aveva lodato la «sensibilità istituzionale» della magistratura che aveva contribuito al successo della vetrina planetaria di Expo. E per questo due volte il consigliere Pierantonio Zanettin aveva chiesto l'apertura di una pratica al Csm. Poi è successo quel che è successo. Bruti Liberati, già al centro di una querelle lacerante con il suo vice Alfredo Robledo, ha lasciato per limiti anagrafici e al suo posto si è insediato proprio uno dei veterani del Pool, Francesco Greco.

Ma soprattutto la procura generale si è messa di traverso alla procura, ci si scusi il bisticcio, in una guerra che a queste latitudini non si era mai vista o almeno percepita, le ha sfilato l'inchiesta che procedeva alla moviola e anzi sonnecchiava verso l'archiviazione. L'ha rilanciata, spingendo ora Sala a correre in un limbo che non si capisce bene cosa sia.

La tregua è finita. A Milano come nella capitale. Del resto la rete di protezione è saltata: Renzi non c'è più, il nuovo governo annaspa già nella culla, i francesi di Vivendi danno l'assalto ai bastioni del Biscione. Nella città eterna i pm, che già avevano buttato sul tavolo la bomba di Mafia capitale, ora colpiscono i Cinque stelle. Difficile raccapezzarsi nel ginepraio dei palazzi romani, fra vendette, soffiate, rancori inestinguibili. E le trasmigrazioni di chi ha cercato di riciclarsi, dipingendosi addosso i colori del nuovo senza riuscire a cancellare tonalità antiche. Certo, la Raggi, che pure si è infilata in un pasticcio dietro l'altro, ha provato a giocare di sponda con Raffaele Cantone, l'ex magistrato alla testa del'Anac, l'anticorruzione che dovrebbe funzionare in qualche modo come una stanza di compensazione fra le esigenze dela politica e il rigore della magistratura.

Curioso: in un carosello di nomi contestati, a giugno l'Anac aveva dato disco verde alla promozione di Daniele Frongia, uno dei pilastri del sistema Raggi, su cui da più parti erano stati avanzati dubbi. Ma poi l'Anticorruzione aveva fatto le pulci a Carla Romana Raineri, capo di gabinetto della giunta e giudice alla corte d'appello di Milano. Risultato: la Raineri si era dimessa fragorosamente e anche sul suo esposto è stato costruito l'assedio che ha portato infine all'arresto di Raffaele Marra.

Così dallo scontro indiretto fra due magistrati, uno dentro la giunta e l'altro chiamato a dettare le regole al Palazzo, è deflagrata l'indagine che potrebbe incenerire la vetrina grillina raccontata dai media di tutto il mondo.

Allo stesso modo il braccio di ferro fra le due procure ha innescato l'approfondimento che ora spinge Sala in modalità stand by.

I tempi del Pool, che pontificava a reti unificate e dettava la strategia giudiziaria del Paese anche se al suo interno si consumavano scontri durissimi, sono lontani. Intanto, il Palazzo va in pezzi.

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