L'Italia dovrà salvarsi da sola. Se non riuscirà a pagare il debito e dovrà ricorrere al «salva stati», il conto dovranno pagarlo in primo luogo gli italiani. Sono settimane che dalla Commissione europea arriva questo messaggio. Il Belpaese è troppo grande per essere salvato dall'organismo Esm, confidava un mese fa un esponente dell'esecutivo europeo. I paesi del nord non hanno molta voglia di farsi carico di un eventuale scenario greco applicato alla terza economia dell'Eurozona. Ieri questa idea è uscita dai corridoi delle istituzioni di Bruxelles per diventare la posizione ufficiale della Lega Anseatica, che non è un'istituzione ma l'associazione informale di dieci paesi del nord.
Ieri hanno chiesto di cambiare il fondo Esm rafforzando una regola già in vigore, quella secondo la quale si deve ricorrere agli investitori privati quando il debito pubblico è giudicato insostenibile. «L'attuale trattato Esm riconosce già la possibilità di coinvolgimento del settore privato in circostanze eccezionali» ora «dovrebbe essere usato un emendamento per riaffermare questo principio», si legge in un documento della Lega.
In sostanza, gli investitori che detengono titoli di stato italiani dovrebbero subire perdite prima di ottenere aiuti finanziari dal fondo Esm. Un po' come il bail in delle banche, ma applicato agli investitori che hanno titoli del debito dei paesi da salvare.
Altra richiesta dell'associazione composta da Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Svezia, Olanda, Slovacchia e Repubblica ceca, dare più poteri all'Esm in caso di salvataggio.
Messaggi arrivati non a caso alla vigilia dell'Eurogruppo di lunedì. Primo banco di prova del governo dopo il no della Commissione e del Consiglio europeo alla manovra italiana. I primi passi della procedura di infrazione sono già avviati. Un ulteriore sostegno alle tesi di Bruxelles arriveranno dai dati macroeconomici. Ieri l'indice sul manifatturiero di Markit è sceso sotto quota 50. Segno che presto l'Italia potrebbe andare in recessione. Giovedì sarà la Commissione a diramare le previsioni economiche d'autunno. E la crescita del Pil ufficiale dell'Ue non sarà quella del governo italiano né per il 2018, ne per il 2019.
Tra dieci giorni scade il termine entro il quale il governo dovrebbe mandare un nuovo Documento pubblico di bilancio, con una deficit diverso dal 2,4%. I leader della maggioranza Salvini e Di Maio non hanno intenzione di cambiare.
I ministri finanziari dell'area euro non faranno sconti all'Italia. Chiederanno una correzione compatibile con l'obiettivo di medio termine, quindi una riduzione del disavanzo che porti al pareggio di bilancio.
Contesteranno alla radice le previsioni di crescita del governo Conte, ma respingeranno anche il merito delle misure approvate con la legge di Bilancio.
In particolare reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni. La decisione, a questo punto scontata, di avviare una procedura di infrazione arriverà il 21 novembre. La forma sarà la riapertura di una procedura per debito eccessivo nel 2017.
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