Ancora un pasticcio del Governo. La Camera approva una mozione del Pd che parla della Palestina come di uno «Stato sovrano nei confini del 1967», ma poco dopo una di Ap e Sc che fa retromarcia. Sel e M5S prima esultano, poi s'infuriano. L'imboscata della sinistra fallisce, ma c'è una lobby con la kefiah che vuole legittimare i seminatori d'odio. In realtà, più che di una lobby filopalestinese, si tratta di un gruppo sospinto da un sentimento antisraeliano.
Due popoli, due Stati e quattro maggioranze. Che, pur non essendo poche, non bastano a Matteo Renzi per portare a casa una linea comune sulla Palestina. Anzi, finisce con il governo in versione bipolare, a (...)
(...) sostenere sia la mozione del Pd (appoggiata da Sel) che quella dei centristi di Ncd, Udc e Scelta civica. Testi che in alcuni passaggi chiave non sono solo diversi, ma addirittura contrastanti.
Un pasticcio, insomma. Seguito dal teatrino delle dichiarazioni più o meno soddisfatte dell'una e dell'altra parte: di chi premeva per un riconoscimento della Palestina entro i confini del 1967 (mozione Pd) e di chi, invece, se ne guarda bene, limitandosi a promuovere «il raggiungimento di un'intesa politica» tra Hamas e Al-Fatah (mozione centrista). Tutti contenti, dunque. Compresa l'ambasciata di Israele («bene la scelta di non riconoscere lo Stato palestinese») e quella della Palestina («grazie all'Italia per il riconoscimento dello Stato di Palestina»).
Che ci sia qualcosa che non torna, insomma, è piuttosto chiaro. Soprattutto in considerazione del fatto che la nostra immagine internazionale - e anche quella del Renzi decisionista - non può certo uscire bene da tanta confusione. Il voto di ieri, dunque, potrebbe essere la spia di un certo affanno del governo. Per la prima volta, infatti, il premier non riesce a mettere insieme una delle tante maggioranze sulle quali si è appoggiato nel corso di questo primo anno di governo. Sono ben quattro: quella che il 25 febbraio dello scorso anno ha dato la fiducia al governo (Pd-Ncd-Sc), quella che ha sostenuto le riforme (Pd-Ncd-Sc-Forza Italia), quella del via libera all' Italicum (Pd-Ncd-Sc-Forza Italia senza la minoranza dem) e quella dell'elezione di Sergio Mattarella al Quirinale (Pd-Ncd-Sc-Sel). Ieri, però, nessuno dei quattro forni era disponibile a cuocere la torta della mozione pro Palestina, con il risultato che, pur di non sbagliarsi, di torte alla fine ne sono state infornate due.
La sensazione, insomma, è che la vera priorità di Renzi - oggi sulla questione Medio Oriente come ieri sulle riforme o sull' Italicum - non sia tanto quella larga condivisione di cui spesso vagheggia, ma semplicemente la convenienza di riuscire a trovare sempre e comunque - perfino sfidando il buon senso come ieri - i numeri o il modo di portare a casa il risultato. La politica estera, però, è cosa ben diversa dai soliti dossier interni. E se il nostro Paese è abituato alle maggioranze variabili dai tempi del compromesso storico, altra cosa è mostrarsi ondivaghi sul fronte della diplomazia.
Per di più trattandosi della questione israelo-palestinese, la madre di tutti i problemi del Medio Oriente. E chissà che non sia anche per questa incostanza che - passato ormai un anno dal suo insediamento a Palazzo Chigi - Barack Obama non ha ancora trovato il tempo di ricevere Renzi alla Casa Bianca.e Roberto Scafuri
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