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"Non finisce qui". Il premier furioso a caccia di voti

L'ultima disperata chiamata ai responsabili per un "governo di salvezza nazionale". Ma anche la cara Ue lo molla

"Non finisce qui". Il premier furioso a caccia di voti

Il dolore del distacco e la speranza del ritorno. È il giorno delle dimissioni per il presidente del Consiglio. La chiusura del secondo capitolo di una saga politica che potrebbe presto prevedere un sequel, a condizione che la forsennata ricerca dei numeri parlamentari si concretizzi convincendo Sergio Mattarella ad affidare un nuovo incarico all'avvocato di Volturara Appula.

Giuseppe Conte in mattinata convoca il Consiglio dei ministri per un addio che sa di arrivederci. È un discorso breve quello che rivolge alla sua squadra, una decina di minuti, con un applauso finale. «Possiamo tutti andare a testa alta per come abbiamo servito il Paese e per come abbiamo governato la pandemia. Ringrazio ogni singolo ministro. A me per primo è capitato di dire di essere diventato presidente per caso, ma in questi mesi ho maturato un'esperienza politica e mi rendo conto di aver avuto una fortuna che altri non hanno avuto: la solidità dell'appoggio di tre forze parlamentari che ci hanno consentito di lavorare per il Paese».

Conte rivendica il lavoro svolto soprattutto nei confronti dell'Europa. Un legame che Bruxelles valuta, comunque, come tutt'altro che indissolubile visto che un eventuale cambio di governo viene messo nel conto dai palazzi europei dove alcune fonti fanno filtrare che non sarebbe un problema confrontarsi con un altro premier e una squadra rinnovata, a patto che sia personalità conosciuta a Bruxelles, ritenuta affidabile nelle istituzioni europee e abbia numeri solidi in Parlamento per «fare le riforme».

La speranza di un ritorno è condivisa dalla squadra governativa. «Questa è solo una tappa, non è la fine della nostra storia di governo», dicono Dario Franceschini, Alfonso Bonafede e Roberto Speranza. Conte a quel punto sale al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Un incontro in cui gli viene detto in modo chiaro che non ci saranno pre-incarichi o missioni esplorative: per il Conte Ter serve una maggioranza solida. Il presidente del Consiglio, dopo un breve incontro con i presidenti delle Camere, torna a Palazzo Chigi dove si trattiene per tutto il pomeriggio. In serata arriva il messaggio politico, affidato a Facebook. «È il momento che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica. Le diffuse sofferenze dei cittadini, il profondo disagio sociale e le difficoltà economiche richiedono una prospettiva chiara e un governo che abbia una maggioranza più ampia e sicura. Le mie dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un'alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono».

È il segnale che la partita non è chiusa. Il telefono del premier è bollente, i contatti con i vertici del Pd e dei M5S si susseguono. Un'esortazione arriva anche da Michele Schiavone, Segretario del Consiglio Generale degli Italiani all'estero, che «confida nella saggezza del presidente Mattarella». Di certo il primo obiettivo del presidente dimissionario resta quello di far crescere i numeri senza un accordo organico con Italia Viva, lavorando su eletti all'estero, centristi e «responsabili» di tutti gli schieramenti.

Per arrivare a una quota aggiuntiva di 12 senatori con cui puntellare il fragile edificio della maggioranza e tagliare il traguardo record della terza maggioranza in tre anni.

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