Londra Il Regno Unito chiude. Nella quotidiana conferenza stampa serale il primo ministro Boris Johnson ha ieri annunciato che pub, ristoranti, cinema, teatri, palestre del Paese dovranno rimanere chiusi a tempo indefinito. L'inasprimento delle misure, l'ennesimo deciso dal governo per cercare di contenere la diffusione del coronavirus, in un crescendo che ricalca la progressione prima prudente, poi erratica di molti altri stati europei, si è reso necessario dopo che l'invito di lunedì scorso a rimanere a casa, ridurre gli spostamenti, evitare i luoghi affollati, si è rivelato ampiamente insufficiente per far cambiare repentinamente le abitudini della popolazione.
Il provvedimento governativo non è giunto inaspettato, l'ipotesi era nell'aria. Tanto che il proprietario della più importante catena di pub del Paese, JD Wetherspoon, aveva ieri dichiarato che non avrebbe mai chiuso volontariamente i suoi oltre 850 locali: più sicuro andare al pub che non al supermercato, dove c'è una trasmissione molto bassa del virus perché i luoghi sono meno affollati. La stupidità, o forse l'interesse economico, del commento fa leva sul valore sociale che i pub rivestono per gli inglesi, per molti una sorta di seconda casa. Un paio di giorni fa lo stesso padre di Boris Johnson, commentando in tv gli inviti governativi a evitare i momenti di socialità, aveva detto che lui proprio no, al pub non avrebbe rinunciato. La decisione di Londra giunge forse troppo tardi. A ieri il Regno Unito ha testato poco meno di 67000 persone, registrando 3983 infetti. 177 sono finora i morti. Secondo le analisi elaborate del Financial Times il Paese ha un numero di morti superiore a quello che aveva l'Italia negli stessi giorni della crisi, ma un numero di infetti inferiore. Ed è sempre di ieri la notizia che un primo ospedale a Londra ha esaurito il numero di posti di terapia intensiva a causa dell'intensificarsi delle emergenze da CV19. Il sistema sanitario nazionale è in corsa contro il tempo per aumentarne il numero: secondo dati riportati da Reuters il Regno Unito è dotato di 6.6 posti ogni 100 mila abitanti. L'Italia ne può vantare 12.5. La situazione è difficile anche in riferimento ai respiratori artificiali, con il governo che sta chiedendo a molte aziende di riconvertire le proprie linee di produzione.
La chiusura degli esercizi commerciali si accompagna a un massiccio intervento economico messo in campo per sostenere l'economia britannica. Tra le principali misure annunciate dal giovane ministro dell'economia, il 39enne Rishi Sunak, ci sono il rinvio del pagamento di 30 miliardi di sterline di IVA, aiuti per le piccole imprese e per gli autonomi, la copertura statale dell'80% dello stipendio dei lavoratori che rischiano di perdere il posto (fino a 2500£). Un pacchetto accolto con favore sia dalle imprese inglesi che dai sindacati, che hanno lodato le misure annunciate da Sunak. Queste vanno a sommarsi ad altri interventi economici diretti e indiretti presi nei giorni precedenti, fra cui garanzie statali per 330 miliardi di debiti delle imprese. Se tutto questo possa bastare per limitare lo shock economico è difficile da prevedere.
Di certo è improbabile che il governo voglia aggiungere anche il caos e le difficoltà di un'uscita dal mercato europeo senza un accordo con Bruxelles. E alla notizia della positività di Barnier al CV19 ha fatto il paio l'autoisolamento della sua controparte inglese, il caponegoziatore David Frost, che ha manifestato ieri i sintomi del virus.
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