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L'ultima "variante" in casa 5s: i pentiti del giorno dopo. "Senza strategia ci schianteremo"

Passata l’euforia, i pentastellati capiscono la gravità dello strappo. I ministri non vogliono dimettersi. E Crippa, il capogruppo, cambia idea

L'ultima "variante" in casa 5s: i pentiti del giorno dopo "Senza strategia ci schianteremo"

La sensazione è che il M5s sia una pentola a pressione pronta a esplodere. E che il «botto» faccia sbalzare Conte, Taverna e tutti falchi. Passata la sbornia degli applausi in Senato, si inizia a prendere coscienza dell'errore fatto giovedì in aula con la mancata partecipazione al voto di fiducia sul decreto Aiuti. È il giorno del pentimento. Si comincia a metabolizzare l'idea di dover andare a casa. Si prova a correre ai ripari. Ma forse è già troppo tardi. La frittata è fatta. Ora va ingoiata. A microfoni spenti, Fraccaro, Bonafede, Dieni, Crippa sono un fiume in piena contro l'avvocato di Volturara Appula e la sua corte. L'idea è che almeno una cinquantina di parlamentari, tra Camera e Senato, sia ostaggio di Taverna, Turco e Gubitosa, i tre vicepresidenti che hanno diretto la strategia politica fino allo strappo.

L'ex sindaco di Torino Chiara Appendino mette agli atti il suo dissenso contro la linea di Conte nel corso di una delle tante riunioni del Consiglio nazionale: «Se si vuole uscire dal governo si deve avere una strategia, così andiamo a schiantarci» accusa Appendino nel corso del summit grillino. L'ex primo cittadino ha avallato la scelta di Conte ma ora si è già pentita. Però è in buona compagnia. Federica Dieni non le manda a dire. Ma ora preferisce il silenzio. Altra decisione (il silenzio) imposta da Casalino e Conte, che però rischia di alimentare ulteriori tensioni. Riccardo Fraccaro non parla. Ma il fotomontaggio apparso - e poi sparito - sul suo stato di WhatsApp vale più di mille parole: è l'immagine del leader della Lega in versione dj nel noto stabilimento balneare di Milano Marittima durante l'estate del 2019, quando decise di staccare la spina al governo gialloverde. Al posto del volto di Salvini, a torso nudo e con un bicchiere di mojito in mano, c'è però quello di Conte. Il messaggio è diretto al leader grillino: «Abbiamo fatto un errore stile Salvini».

Tra i «pentiti» in cerca di perdono c'è l'ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Non ha condiviso nulla della linea del duo Taverna-Conte. È già pronto a rivotare la fiducia al governo Draghi. Il suo pentimento è stato formalizzato nel corso del Consiglio nazionale. Sono già pronti alla retromarcia i tre ministri: Fabiana Dadone, Stefano Patuanelli e Federico D'Incà. Dei tre D'Incà è stato il più duro. Mettendo in discussione, come già nel Consiglio nazionale, la scelta dell'Aventino parlamentare. Che, a suo dire, «rischia di mettere in crisi il Paese in un momento delicatissimo», non nascondendo le sue preoccupazioni «per gli obiettivi europei che abbiamo davanti e che non possiamo mancare. Non si capisce il senso di questa decisione ora, dopo aver consegnato a Draghi dei punti che dovevano anche essere recepiti nel prossimo decreto di 15 miliardi» al centro del confronto con le parti sociali e atteso per la fine del mese. Conte non avrebbe chiesto dimissioni alla delegazione di governo, ma, riportano fonti grilline, l'avrebbe sondata su quella opzione, non eliminandola dunque dal tavolo. I tre ministri guidano la fronda dei pentiti e potrebbero smarcarsi dalla linea del partito nel caso si decidesse di non votare più la fiducia all'esecutivo Draghi.

Il pentimento del giorno dopo inizia a provocare i primi smottamenti nel gruppo alla Camera. Il capogruppo Davide Crippa chiama a raccolta i deputati per affrontare la questione della crisi di governo. Apparentemente tutto normale. Ma nel quartier generale di via di Campo Marzio suona l'allarme, perché della convocazione si apprende via lancio di agenzia, ma soprattutto perché ieri, come raccontato dall'Adnkronos, tra Crippa e il leader Conte in Consiglio nazionale sono volati gli stracci. Crippa non ha votato la fiducia. Si è pentito e ora vuole fare di testa sua.

L'incubo di una nuova scissione è uno scenario concreto.

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