Roma - Dice di non amare i bilanci perché «la mia natura è timida e riservata», ma il cardinal Angelo Bagnasco, presidente uscente della Conferenza episcopale italiana, un bilancio dei suoi due mandati a capo della Cei (dieci anni e tre mesi) deve farlo: il nostro è un Paese affamato, dice, ma «la Chiesa è da sempre vicina alla gente, e quando diciamo una parola sulla loro vita, lo facciamo perché viviamo sul territorio e conosciamo i bisogni della nostra gente».
Il porporato, arcivescovo di Genova dal 2006 e presidente della Cei dal 2007, incontra i giornalisti a conclusione del suo secondo mandato, li ringrazia per il lavoro svolto in questo periodo («non sempre facile», dice), e guarda avanti, alla visita del Papa nella sua città, il 27 maggio, e al suo successore. «Il consiglio che do a chi verrà dopo di me? Uno solo: essere se stesso».
Tanti ricordi di questi dieci anni alla guida della chiesa italiana. Tempi tormentati, non sempre facili, e con una eredità difficile: arrivare dopo il cardinale Camillo Ruini, l'eminenza grigia dalla forte presenza politica nella vita del Paese.
«Sono molti i ricordi belli - dice Bagnasco - tra questi vorrei citare tutte le volte che un fratello mi ha dato una pacca sulla spalla, nel senso anche di uno sguardo o un sorriso, una parola di conforto e di speranza. Il ricordo più brutto? Sono tanti - sorride - ma citerei la tensione che in alcune situazioni si tagliava col coltello. Non voglio entrare nei dettagli, posso solo dire che erano di carattere sociale».
Ricorda, il cardinale Bagnasco, il giorno in cui Benedetto XVI annunciò le sue dimissioni. «Ero occasionalmente presente a quel concistoro - sottolinea - al quale sono tenuti a partecipare solo i cardinali residenti a Roma, ma mi trovavo nella Capitale e non potevo non andare. Nessuno di noi sapeva nulla. Quando il Papa ha pronunciato la formula in latino delle sue dimissioni, noi cardinali ci siamo guardati in faccia e tutti abbiamo pensato di non aver capito bene il latino. All'inizio abbiamo vissuto un momento di sconcerto, ma poi siamo tornati ad aggrapparci alla fede, la roccia fondante che è Gesù, e siamo entrati in un clima di fiducia e di preghiera fino al Conclave. Poi l'elezione di Francesco - prosegue l'arcivescovo di Genova - che ha suscitato simpatia, speranza e fiducia e ci siamo presto abituati allo stile dell'umanità del nuovo Papa».
E sulla situazione dell'Italia oggi, Bagnasco - che ha accompagnato i cambiamenti del Paese nell'ultimo decennio - dice: «L'Italia oggi è un Paese affamato. L'anno scorso la Chiesa italiana ha distribuito tra i 20 e i 25 milioni di pasti. E solo a Genova, la mia diocesi, abbiamo distribuito quasi 600mila pasti su 580mila abitanti. Potremmo avere tanti difetti, ma la Chiesa ha una storia lunghissima e innegabile di vicinanza alla gente». Altro tassello su cui Bagnasco ha puntato è la scuola paritaria: «A fronte di un miliardo di euro che arriva ogni anno dall'8 per mille, la Chiesa restituisce allo Stato, solo con le scuole cattoliche 7 miliardi di euro».
Bagnasco, 74 anni, prima vescovo di Pesaro e poi ordinario militare per l'Italia, fu nominato da Benedetto XVI nel 2007, nel pieno della polemica tra i vescovi e il governo Prodi sui Dico, il primo progetto per legalizzare le unioni civili. Durante il suo mandato ha affrontato le polemiche su numerosi temi: il dibattito sul testamento biologico (dal caso di Eluana Englaro fino a quello di Dj Fabo), il family day. Sul fronte più interno, ha dovuto prendere in mano la richiesta di Francesco di riorganizzare e snellire il numero delle diocesi. Progetto non ancora concluso.
Lunedì Bagnasco aprirà la sua ultima assemblea, che si concluderà con la nomina del nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana.
Ultima curiosità: appassionato di calcio, Bagnasco non ha mai rivelato per quale squadra tifasse. Ma mercoledì sera, in occasione della finale di Coppa Italia tra Lazio e Juventus, ha più volte chiesto ai suoi collaboratori di aggiornarlo sul risultato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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