L'ultimo bluff di Haftar: "Io il nuovo Raìs"

Vicino alla disfatta, il generale si autoproclama in tv. Usa e Russia lo scaricano

L'ultimo bluff di Haftar: "Io il nuovo Raìs"

Il Generale si fa Colonnello. O meglio Khalifa Haftar sogna d'esser considerato il nuovo Gheddafi. Ma nonostante i 76 anni suonati non sembra averne la stoffa. I rovesci delle ultime settimane stanno trasformando in disfatta il tentativo di conquistare Tripoli lanciato il 4 aprile 2019. Sul piano politico l'ambizione di liquidare quel Parlamento di Tobruk che egli conferì la carica di Capo di Stato Maggiore del cosiddetto Lna (Esercito Nazionale Libico) rischia, invece, di comprometterne la già scarsa credibilità internazionale. L'ultima sortita del generale risale a lunedì sera. Intervistato da al-Hadath, una televisione sotto il suo controllo, annuncia la fine di quegli accordi di Skhirat, siglati nel dicembre 2015 sotto l'egida dell'Onu, da cui nacque il Gna (Governo di Accordo Nazionale) di Tripoli guidato dal nemico Fayez Al Sarraj. «L'Esercito Nazionale Libico (Lna) spiega il generale - è orgoglioso di esercitare il mandato e adempiere ad un compito storico... accettiamo il mandato della volontà popolare e proclamiamo la fine dell'accordo di Skhirat». L'autogol è subito evidente. Fonti diplomatiche Usa fanno sapere di accogliere «con rammarico» la mossa di Haftar e di non voler essere coinvolti. E critiche arrivano anche da una Russia formalmente alleata del generale. Gli accordi di Skhirat, riconosciuti dall' Onu, non possono infatti venir cancellati da un leader militare che neppure partecipò alla loro realizzazione. L'intromissione di Haftar appare, di fatto, un tentativo di sostituirsi a quel Parlamento di Tobruk considerato dalla comunità internazionale l'unica istituzione legittima all'interno dei territori della Cirenaica. Cacciato da Tripoli nell'agosto del 2014 per mano di una coalizione islamista il Parlamento di Tobruk resta ad oggi l'unico eletto dal popolo libico. Negli ultimi anni la crescente rivalità tra il suo Presidente Ageela Saleh ed Haftar si è però trasformata in conflitto aperto. La decisione del generale di tagliare i ponti con l'unica istituzione capace di garantire la sua autorità appare però singolare alla luce delle disfatte militari subite dall'Lna in queste ultime settimane. Ritiratesi da Sabratha e da altre zone costiere controllate sin dal 2017 le milizie del generale rischiano ora di perdere anche il caposaldo di Tarhuna, fondamentale per proseguire l'assalto alla capitale. La debacle dell'uomo forte della Cirenaica appare, del resto, non meno inspiegabile. Mentre le milizie di Tripoli contano solo sull'appoggio militare della Turchia e su quello finanziario del Qatar, il generale Haftar è sostenuto oltre che da Emirati, Egitto ed Arabia Saudita anche da Israele, Russia e Francia. Ma proprio l'interessata eterogeneità di questa coalizione, unità alla smodata ed incontrollabile ambizione di Haftar, rende inefficace l'aiuto messogli a disposizione dai potenti alleati. La Russia, che non a caso critica il disconoscimento degli accordi di Skhirat, punta non tanto a far cadere Tripoli quanto a mediare costringendo Al Sarraj a scendere a patti con Haftar .

Un obbiettivo ben diverso da quello di Emirati ed Egitto pronti a tutto pur di togliere di mezzo un governo di Tripoli considerato al servizio della Fratellanza Musulmana, del presidente turco Erdogan e dell'emiro del Qatar.

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