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L'ultimo imperatore

Via al congresso del Partito comunista cinese: a Xi Jinping il terzo mandato consecutivo. Il leader punta all'egemonia di Pechino nel mondo. Ma il fronte interno lo preoccupa

L'ultimo imperatore

Deng Xiaoping, una volta raccolta nelle sue mani l'eredità spaventosamente sanguinosa del maoismo, aveva imposto una regola precisa: per evitare l'affermarsi di pericolosi personalismi, nessun leader del partito comunista (e quindi automaticamente dello Stato) cinese avrebbe potuto rimanere al vertice per più di dieci anni. Regola rispettata per quarant'anni e fino a oggi, quando il ventesimo congresso del Pcc sta per infrangerla con un clamoroso ritorno al passato. E non si tratta solo della terza designazione consecutiva di Xi Jinping a segretario generale dell'onnipotente Partito-Stato per un mandato quinquennale. Perché aspetti ancor più sostanziali sono nel frattempo cambiati in Cina, facendo parlare, se non di resurrezione del maoismo, di pieno recupero da parte del partito comunista del controllo sulla società e sull'economia. Ma, soprattutto, del ritorno in grande stile, grazie a un'apposita modifica costituzionale, al potere assoluto di un uomo solo.

Questa svolta autoritaria, preceduta da anni di purghe inesorabili ai danni di rivali politici interni (su tutti, il caso celebre di Bo Xilai) e di miliardari troppo ambiziosi (esempio principe quello del magnate di Alibaba Jack Ma), si incarna nella figura di un leader le cui ambizioni non sono inferiori a quelle del semidio della Cina Popolare Mao Zedong. Se Mao aveva tritato spietatamente le vite di decine di milioni di connazionali con l'obiettivo di trasformare in tempi il più possibile rapidi il miserabile colosso cinese in una superpotenza in grado di scalzare la preminenza sovietica nel campo comunista, Xi punta addirittura a mettere fine a un'egemonia globale, quella militare ed economica degli Stati Uniti. Ma non vuole farlo con le stesse regole di Washington e dei suoi alleati, bensì sovvertendole. Il leader cinese pretende, alleandosi con altri dittatori come il russo Putin, l'iraniano Khamenei e il venezuelano Maduro, di dimostrare che un'alleanza delle autocrazie possa piegare le democrazie occidentali fino a conseguire una nuova egemonia mondiale che vedrebbe la Cina al suo vertice.

Al Congresso Xi si presenta con il suo programma di rilancio dell'orgoglio nazionale in patria e sulla scena globale, denominato «ringiovanimento». In un'epoca di instabilità mondiale provocata prima dalla pandemia di Covid e poi dall'invasione russa dell'Ucraina, il «nuovo Mao» punta ad accrescere il ruolo internazionale di Pechino, ma dovrà fare i conti con le difficoltà a garantire la crescita economica del suo Paese. Xi potrà vantare successi e tracciare un percorso ambizioso: con la «normalizzazione» di Hong Kong ha posto fine all'«era delle umiliazioni colonialistiche», con la promessa annessione forzosa di Taiwan intende dimostrare che gli Stati Uniti hanno finito di dettar legge in Estremo Oriente. Presa Taiwan, la Cina controllerebbe una via commerciale di assoluta importanza e si aprirebbe per la sua nuova potentissima marina militare l'accesso al Pacifico finora dominato da Washington. Grazie a immensi investimenti, Pechino può inoltre vantare nuove solide posizioni in Asia, in Africa e in America Latina.

Più difficile la gestione del fronte interno. L'obiettivo di crescita annuale del 5,5% appare lontano: la politica zero-Covid, l'appoggio alla Russia e le minacce a Taiwan, il sostegno a imprese statali meno efficienti del settore privato pesano sull'economia cinese. Senza dimenticare il rischio enorme dell'esplosione della temibile bolla immobiliare. Xi potrebbe essere costretto a compromessi, ma non cederà mai sul punto dell'inesorabile compressione delle libertà individuali, senza la quale il regime è perduto. Crescerà ancora la sorveglianza di un Grande Fratello che usa le nuove tecnologie per costringerlo a un conformismo subdolo e senza scampo. Il cittadino cinese del futuro è un soldatino senza diritto di giudizio personale su un sistema totalitario implacabile che aspira a controllare non solo la società in cui vive, ma il mondo intero.

È questo il vero programma di Xi Jinping.

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