L'uomo che voleva «Volare»? Accusato, rovinato e poi assolto

Il magnate argentino Eurnekian dilapidò 40 milioni in burocrazia. Ora la verità: "Tentò solo di salvare l'azienda"

L'uomo che voleva «Volare»? Accusato, rovinato e poi assolto

Milano - Puntava sull'Italia ma l'Italia l'ha tradito. Così come ha bloccato, nel labirinto delle norme e del diritto, molti altri imprenditori stranieri pronti a muovere capitali e energie. Eduardo Eurnekian, il signore dei cieli argentini, aveva grandi ambizioni e aveva immesso circa 40 milioni di euro nell'avventura di Volare, la compagnia che voleva modernizzare il nostro sistema di volo diventando il punto di riferimento del low cost. Il sogno è svanito, il gruppo Volare è fallito miseramente fra disavventure e ammanchi, ma, come se non bastasse, Eurnekian è rimasto impigliato nelle sabbie mobili del nostro sistema giudiziario. Insomma, ai guai del mancato decollo del vettore, si aggiungono gli svarioni della giustizia italiana che, del resto, ci ha messo del suo anche in altre crisi del settore aeronautico: per esempio zavorrando i conti già ballerini di Meridiana con alcune incredibili assunzioni imposte a tavolino.

Eurnekian è rimasto sotto scacco per tredici anni ed è stato risucchiato nella bancarotta di Volare, un buco stimato in 500 milioni di euro, per un capitolo tutto sommato marginale: la vendita al gruppo di Gallarate di una società uruguaiana che secondo la procura di Busto Arsizio era una scatola vuota. Dunque, nel 2004 viene indagato per una cifra vicina ai 3,5 milioni di euro. Pochi giorni fa, al termine di un processo interminabile, l'assoluzione, mentre alcuni dei protagonisti di quel disastro sono stati condannati. Riassume l'avvocato Jacopo Pensa, uno dei più noti penalisti italiani: «Eurnekian è a capo di un impero industriale importantissimo con base in Argentina. Una quindicina di anni fa aveva scommesso sul nostro Paese. Voleva partecipare al rilancio di Volare, sviluppando le rotte verso il Sudamerica». Un'idea suggestiva per sfuggire alla crisi, ampliando il raggio d'azione e giocando di sponda con le risorse, le strutture e gli oltre trenta aeroporti a disposizione in Argentina. «Ma purtroppo - prosegue Pensa - questa storia è stata criminalizzata fin dall'inizio e solo ora, a distanza di tanto tempo, si riconosce la correttezza di quell'iniziativa».

Nel 2005 il giudice scivola sulla buccia di banana del buonsenso e firma un surreale ordine di custodia, disponendo per l'imprenditore di origine armena gli arresti domiciliari nella casa di Buenos Aires. Poi la misura viene revocata e il 7 maggio 2005 Eurnekian viene finalmente ascoltato. Il pm riconosce che il marcio è emerso dopo: «Noi la vediamo a posteriori questa cosa, mentre voi la stavate vedendo in un'ottica di risanamento, di sviluppo».

«La faccia - replica lui - la metto io, dall'Argentina sono venuto qui a perdere soldi». Quaranta, forse cinquanta milioni di euro conteggiando anche le parcelle degli avvocati e tutto il resto. Ma ci sono voluti altri dodici anni per stabilirlo.

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