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"L'Urss pagava tutti non soltanto il Pci Greganti? Un gigante"

L'ex pm di Mani Pulite: «Il Pd non ha mai voluto fare i conti con le tangenti rosse»

"L'Urss pagava tutti non soltanto il Pci Greganti? Un  gigante"

Milano «Abbiamo voluto cancellare la memoria di questo Paese. E questo ha consegnato il governo a gente senza storia». Tiziana Parenti risponde dal suo studio legale di Genova. La sua toga da magistrato l'ha appesa al chiodo tanti anni fa, oggi fa l'avvocato dopo l'esperienza in Parlamento con Forza Italia. Per la storia è Titti la Rossa, allontanata dal pool perché aveva osato indagare sul fiume di rubli che dall'Est finiva nelle casse del Pci. «Mani Pulite per te finisce qui», le avrebbe detto Gerardo D'Ambrosio, per cui le tangenti rosse erano «un vagone staccato» di Mani Pulite. E così le indagini di Titti, iscritta per tre anni nel Pci, finirono in un binario morto nonostante le prove che sul conto «Gabbietta» Primo Greganti, il famigerato «compagno G», incassava soldi dai Paesi dell'area sovietica e da imprenditori italiani per conto di Botteghe Oscure. «La Russia ha sempre pagato qualcuno. Grosse tangenti, soldi. E non solo al Pci. Già negli anni Sessanta numerose cooperative facevano scambi culturali o import-export di facciata con l'Urss, tutti modi per giustificare in maniera lecita un finanziamento di un certo livello. Ma Greganti era un gigante rispetto alle comparse come questo... Savoini? Savoini chi?».

Che cosa ne pensa?

«Bisogna leggere le carte, ovviamente. Ma se mi chiede se Savoini sarà il Greganti della situazione le dico di no. Certe cose non si fanno da estranei, non è che uno passa per caso e parla di tangenti, con la Russia di Putin che è cresciuto in quel sistema sovietico di soldi e favori poi... Figurarsi. Certo, nascondersi dietro un ma chi l'ha invitato è una cosa triste».

Ironia della sorte, c'è il Pd che chiede chiarezza. E già si parla di una commissione d'inchiesta...

«Guardi, altra cosa triste. Questo Pd non ha niente a che fare con il Pci di prima, anche se Zingaretti è certamente un uomo d'apparato. Ma se il Paese in balia degli ignoranti è perché il Pd ha un'eredità sula quale non ha mai riflettuto seriamente. Abbiamo perso la memoria delle tangenti di una volta. Il finanziamento illecito ai partiti da parte di una potenza straniera, allora come oggi, è un fatto destabilizzante. Invece di riflettere sul passato si ridicolizzano vicende che invece sono molto serie. Galleggiamo su un enorme punto interrogativo. E questa è la condanna del Paese. O facciamo i conti seriamente con quel passato o finiamo nel nulla».

Quando Mani Pulite si fermò davanti ai rubli al Pci qualcuno disse che la magistratura era politicizzata. Oggi, a leggere certe intercettazioni, si capisce che alcuni parlamentari Pd decidevano a tavolino i capi delle Procure. Non è cambiato niente?

«La politica fa pressioni perché sa che le può fare».

Ma è un'invasione di campo?

«Ma la magistratura è un soggetto politico. Quando 60 milioni di italiani ti chiedono di garantire i loro diritti sei un soggetto politico. I contatti tra politici e i vertici della magistratura esistono da sempre. Quando ci sono entrata io, nel 1980, c'erano già da anni. La cosa non ci deve meravigliare. Il vicepresidente del Csm è eletto dal Parlamento, no? I magistrati sono dappertutto: al Quirinale, nei gabinetti dei ministri, in Parlamento, nelle istituzioni. Meravigliarsi ora è da ipocriti».

Oggi però la commistione è sotto gli occhi di tutti

«Era inevitabile che scoppiasse una guerra interna, ora che non c'è più un nemico da combattere, ora che - come nei partiti - le correnti dentro Md, Unicost, dentro Magistratura indipendente si stanno regolando i conti».

È l'indipendenza della magistratura, no?

«Ma quale indipendenza, magari ci fosse. Io l'ho subita sulla mia pelle, io me ne sono dovuta andare. La magistratura deve difendersi da sé stessa. Va gestita con delle regole per evitare questo straripamento, che peraltro è figlio delle regole che ha fatto il Parlamento»

Cosa si rimprovera?

«Io ho fatto tutto in buona fede. La mia battaglia per l'indipendenza non è stata inutile. Il mio collega Marco Boato diceva che ognuno deve fare le sue battaglie. Meglio farle che non farle. Forse qualcosa resta.

Anche solo un po' di memoria».

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