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M5S, ecco tutte i fronti di Conte

Dal caso Giarrusso alla posizione ondivaga sulla guerra, Giuseppe Conte sta attraversando uno dei momenti più difficili. In casa M5S, però, minimizzano sull'imminente bagno di sangue previsto alle prossime comunali

M5S, ecco tutti i fronti di Conte

E anche Davide Giarrusso se n’è andato. L’emorragia dei Cinquestelle continua e Giuseppe Conte si trova sempre più in difficoltà.

Sulla guerra, invece, Conte sta tenendo una linea pacifista che, al momento, non sta pagando né in termini di sondaggi né in Parlamento dato che la sua richiesta che il premier Mario Draghi parli in Aula prima del Consiglio europeo è stata bocciata. Dentro il M5S brucia ancora il caso di Vito Petrocelli, l’ex presidente della commissione Esteri già defenestrato dal gruppo del Senato per le sue posizioni filoputiniane. L’iter per cacciarlo dal Movimento, invece, sembra avere tempi più lunghi. Come se non bastasse, oggi, il tesoriere Claudio Cominardi ha fatto parlare di sé dopo aver condiviso la foto di un murales che ritraeva il presidente Biden mentre portava a passeggio una lupa capitolina che aveva il volto del premier Draghi.

“Non diamo importanza ai graffiti”, ha detto sinteticamente Conte, ma è evidente che il leader del M5S viva un momento di oggettiva difficoltà e vi sia un certo imbarazzo anche dentro il Pd per una linea di politica estera alquanto ambigua. Secondo Luca Carabetta, però, la strategia di Conte sta già portando i suoi frutti: “Sulla nostra posizione sul conflitto abbiamo ricevuto molte critiche ma, fortunatamente, - dice il deputato pentastellato - nell’ultimo periodo i diversi partiti di Maggioranza e lo stesso Presidente Draghi hanno virato sulle nostre idee, tra l’altro condivise dalla maggioranza degli Italiani”. Gli fa eco il collega Luca Frusone: “Inizialmente Draghi parlava più di aiuti all’Ucraina e Conte più di dialogo. Ora, come si è visto dalle parole usate dal premier durante l’incontro con Biden, la situazione si è riequilibrata e tutti parlano molto più di dialogo”. Una voce fuori dal coro, invece, è quella del deputato Gabriele Lorenzoni secondo cui “sulla guerra sarebbe meglio essere conseguenti a quanto sosteniamo e valutare anche l’eventualità di uscire dal governo”.

Il caso di Davide Giarrusso, invece, è stato archiviato rapidamente, con i parlamentari che hanno appoggiato in toto la linea Conte. “Non posso condividere la sua decisione e penso dovrebbe dimettersi dalla sua carica, dando seguito a quanto lui stesso aveva sempre sostenuto: chi esce dal movimento, deve dimettersi”, ribadisce Carabetta. Secondo quanto trapela nei corridoi di Montecitorio, infatti, l’ex jena puntava ad avere l candidatura a presidente della Regione Sicilia. Non avendola ottenuta, ha lasciato il Movimento. Ma, a preoccupare maggiormente sono le comunali di giugno che si preannunciano un bagno di sangue per il M5S tant’è vero che Conte ha deciso di presentare il simbolo del Movimento solo in pochissime realtà locali. Nella maggior parte dei Comuni, poi, i grillini sono alleati del Pd, ma non esprimono neppure un candidato sindaco. L’esito delle amministrative, però, non sembra preoccupare i grillini. “Il M5S è sempre stato un movimento d’opinione che è sempre andato meglio alle Politiche piuttosto che alle amministrative”, ci spiega Frusone che, a tal proposito, rievoca i risultati del 2013 quando nel Lazio dove nello stesso giorno si votava per le Politiche per le Regionali. “Nel primo caso prendemmo il 27%, mentre nel secondo il 16%”, ricorda il parlamentare ciociaro. Carabetta, invece, va oltre le difficoltà che storicamente il M5S incontra alle amministrative e volge lo sguardo verso le Politiche del 2023, lasciando la porta aperta a dei cambiamenti. “Sono favorevole a un possibile rinnovamento del simbolo, magari in modo da evidenziare il nostro impegno sull’ambiente.

La decisione comunque sarà presa in maniera collegiale e condivisa e il mio rimane un pensiero personale”, dice.

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